Corriere della Sera, 22 settembre 2024
Studiare la stupidità, faticoso ma salutare
Ambiziosi senza talento, profittatori senza scrupoli, esibizionisti senza vergogna, cinici professionali, artisti esausti, coppie scoppiate, irresponsabili di ogni ordine e grado. Come se non bastasse il marketing dell’orrore, arrivano i saldi della stupidità. Scorrete i titoli in questi giorni: sbucano dappertutto.
Gli stupidi non si rendono conto di offrire prodotti in scadenza: se lo capissero, non sarebbero stupidi. Detto ciò: come non esserne affascinati? Gli stupidi sono spesso stupefacenti, e possono diventare istruttivi. L’assurdità di una risposta, la penosa debolezza di un ragionamento, la protervia di un comportamento: si impara anche così. Certe vette di idiozia si stagliano nel cielo come ciminiere, rapiscono lo sguardo. Non cerco gli stupidi, ovviamente; ma, se li trovo, li colleziono. Pubblici e privati. I primi sono più sgargianti; i secondi danno più soddisfazione.
«Non dovremmo mai sottovalutare la stupidità umana, è una delle forze più potenti al mondo», ha scritto Yuval Harari, autore di Sapiens (un participio presente che talvolta si fatica ad attribuire ad alcuni esemplari della nostra specie). Parole sante, vien da dire. Ma Harari non è il primo a intuire che la stupidità possiede una tremenda potenza. Non avere dubbi – il marchio di fabbrica degli stupidi – rende implacabili e, di conseguenza, pericolosi.
Eduardo De Filippo sosteneva che i fessi devono far paura: aveva ragione. Ecco perché bisogna riconoscerli e analizzarli. Studiare la stupidità è importante (potrebbe diventare una materia scolastica?). Non è né facile né piacevole: certa gente rischia di rovinarci l’umore. Ragionare con un fesso è come asciugare il lavello con la carta vetrata: si può fare, ma è un’operazione lunga e irritante.
Se la frequentazione abituale degli stupidi intossica l’esistenza, uno stupido ogni tanto costituisce una buona abitudine. Esistono anche gli anticorpi mentali: se non li abbiamo, dobbiamo crearli. L’ironia, ancora una volta, torna utile. Saper sorridere degli stupidi è salutare (ridere no: li eccita). L’alternativa è rovinarsi il fegato, e farli felici. Lo stupido professionale gode della vostra irritazione. La considera una prova della propria inesistente intelligenza.