Robinson, 22 settembre 2024
Van Gogh a Londra
La National Gallery la definisce «una mostra che capita una volta in un secolo». E, come sottolinea il direttore Gabriele Finaldi, «è la prima di sempre del nostro museo interamente dedicata a Vincent Van Gogh. Il modo perfetto per festeggiare i duecento anni della National». Ebbene, Van Gogh: Poets & Lovers, fino al 19 gennaio 2025 nel colosso neoclassico della londinese Trafalgar Square, è davvero una mostra da non perdere. Ma soprattutto da godersi, dipinto dopo dipinto, per ore. Perché la National Gallery ha riunito da vari musei del mondo 61 opere del pittore olandese e maledetto, morto suicida il 29 luglio 1890, due giorni dopo essersi sparato in petto a Auvers-sur-Oise, in Francia, a soli 37 anni.
Per esempio, c’è una versione deiGirasoli su sfondo turchese dipinta a inizio 1889 ad Arles, in Provenza, dove si ritirò per un paio di tormentati e ispiratissimi anni, poco prima del suicidio. Un’opera che, dopo l’acquisizione nel 1935, non era mai uscita dall’americano Philadelphia Museum of Art. Oppure, ammirate Ritratto di un contadino (Portrait of a Peasant,1888), che sinora non aveva mai lasciato la Norton Simon Collection a Pasadena, in California.
Ma questa mostra corona anche un sogno dell’angosciato genio olandese: ossia un “trittico”, magari da «appendere in una nave che potesse consolare i marinai nostalgici di casa», che unisce, oltre ai Girasoli di Philadelphia, un’altra loro versione “giallo sugiallo” del 1888 di proprietà della National Gallery e, infine, la meravigliosa Berceuse (1889), prestata dal Museum of Fine Arts di Boston e che raffigura Augustine Roulin, donna simbolo della maternità, in questa versione con una corda tra le mani per far ondeggiare una culla fuori campo.
A dire il vero, nel suo trittico ideale, Van Gogh immaginava la versione dei Girasoli rimasta alla Neue Pinakothek di Monaco di Baviera, ma poco importa. Perché su queste tre opere si erge la leggendaria arte e l’angariata vita di Van Gogh. La Berceuse, di cui in vita ha dipinto almeno cinque versioni e che può essere tradotta come “ninna nanna” o “donna che muove una culla”, è la moglie del postino di Arles, dove Vincent si trasferisce il 20 febbraio 1888 e dove si taglierà l’orecchio sinistro il 23 dicembre di quell’anno. Ma il pittore di Zundert e dio del post-impressionismo è sempre stato ossessionato soprattutto dai girasoli, sin dal suo trasferimento in Francia nel 1886, per la loro ossessione del sole, tanto da donargli nelle sue pennellate un’aura cristologica, con quell’“aureola” gialla intorno. E tanto da voler accogliere nella sua Maison Jaune di Arles l’amico Paul Gauguin, con quattro versioni di girasoli affisse nella stanza degli ospiti.
Proprio la “casa gialla” è un altro fulcro di questa prodigiosa rassegna. È la residenza-studio di Van Gogh dopo il trasloco ad Arles. che Vincent vuole rendere casa e laboratorio di artisti da tutta la Francia. La rassegna Poets & Loversracconta proprio questi dueanni in Provenza, dal 1888 al 1890. Durante i quali Van Gogh è lacerato da crisi ed esaurimenti nervosi, si recide l’orecchio (per poi donarlo a una prostituta) dopo una furiosa lite proprio con Gauguin alla “Maison Jaune” e viene ricoverato nel vicino ospedale psichiatrico di Saint-Rémy-de-Provence.
Ma sono due anni densi di una ispirazione travolgente, fertili di opere stupefacenti. Con una chiave precisa della National Gallery. I curatori Cornelia Homburg e Christopher Riopelle hanno infatti deciso di censurare le peripezie
mentali di Van Gogh. Mentre lo stesso titolo della mostra, “poeti e amanti”, si riferisce soprattutto alle prime due opere di questo spettacolare e ben più vario viaggio:The Lover in cui il pittore raffigura il luogotenente, amico e dongiovanni Millet, e il collega pittore Eugène Boch, ribattezzato The Poetperché gli ricordava Dante Alighieri.
Ma è proprio questa l’essenza dell’evento, e lo conferma la mancanza di descrizioni delle opere. L’obiettivo è venerare e inalare l’arte pura di Van Gogh. Senza filtri, pregiudizi biografici o fascino del maledetto. Non è un caso, dunque, che qui ci imbattiamo in unsolo eccelso autoritratto di Van Gogh, del 1889 e di un blu ipnotico, arrivato dalla National Gallery di Washington. In cui, appena emerso dall’ennesimo poltergeist interiore, si descriverà «magro e pallido come il diavolo».
Dunque, immergetevi in questa sensazionale parata: i giardini pubblici di Arles visti dalla finestra che prendono vita, diventano poesia, «perché qui», scrive Vincent al fratello Theo mercante d’arte, «puoi immaginare i poeti del Rinascimento, Dante, Petrarca e Boccaccio mentre passeggiano su quest’erba fiorata». E poi, in un’estatica sinestesia, le “viti verdi”, la mirabile Notte stellata sul Rodano, l’iconica “stanza da letto” qui in una versione con l’autoritratto citato appeso al muro, l’autunno ruggine degli Alyscamps, la rustica sedia con pipa e tabacco del maestro, ulivi e tronchi quasi umani, la rocciosa Montmajour, due Arlésienne (una giunta dalla Galleria Nazionale di Roma), e altre sublimi impressioni del suo genio. «Il poeta del futuro», scrive Van Gogh al fratello appena arrivato ad Arles, «è un colorista come non ne sono mai esistiti». Già. Era lui.