la Repubblica, 22 settembre 2024
I trent’anni di Friends
Friends – era oggi, nel 1994 – è che fra tre anni si troverà il modo di celebrare anche i trent’anni dall’arrivo di Friends sui teleschermi italiani – era il 1997.
E però sarebbe sempre buona regola non tornare mai dove si è stati felici, figuriamoci per la serie punto di svolta nel concetto stesso di sitcom e diventata col tempo, appunto, proverbiale nel settore. Per di più adesso che su quella memoria pesa come un macigno la dipartita drammatica del più rilevante di tutti, Matthew Perry. Friends partì quando si usava ancora la simpamina per stare svegli di notte in vista degli esami all’università, Perry se n’è andato invece per questioni di ketamina e c’è tutta la distanza possibile. Per dire, da oltreoceano rimbalzano le parole di Jennifer Aniston e degli altri che raccontano quanto sia strano l’effetto di festeggiare senza di lui: e però la notizia più rilevante tra quelle che rimbalzano qui sembra essere la messa all’asta di vestiti e memorabilia usati durante le riprese. E la cosa non fa che aumentare la tristezza.
Non solo: siccome in qualche modo bisogna pur far passare il tempo e riempire pagine, ci sono tentativi di revisionismo storico che riguardano soprattutto l’insieme di quella fortunatissima storia: ovvero la prevalenza assoluta di gente giovane, ben messa, in linea con i dettami della correttezza (nel senso antico) e inoltre a stragrande prevalenza bianca. Un’eccezione era Aisha Tyler: interpretava Charlie, però molto in là, nella nona e decima stagione. Nera e paleontologa di professione, corteggiata da due del gruppo. Di recente sono andati a chiederle come fosse messo Friends in fatto di inclusività e cose simili e lei, che poteva dire, ha ammesso «c’era poca diversità» e si è levata di torno l’interlocutore.
Per dire che la sitcom, che è durata dieci anni – ultima puntata vista da cinquanta milioni di americani – appartiene davvero a un’altra epoca. Da cui la sua fortuna, nel senso che il miracolo alchemico che si stabilì da subito tra i personaggi e una fiducia ferrea nel fatto che dovesse esserci soprattutto abilità di scrittura accattivante, venne sfruttato e portato avanti con cieca convinzione nella semplicità, senza orpelli, delle cose ben fatte, al tempo giusto, nei tempi giusti, e in favore del pubblico. Ci sarebbe stato tempo dopo per entrare in altre epoche e veder arrivare serie che – alla Sex and the city – premevano forte sull’acceleratore, si facevano spregiudicate o piene di introversione e incertezze, andando a rispecchiare i nuovi tempi. Ma quando si rimpiangono gli anni Novanta, oggi, per chi è fortunato abbastanza da rimpiangerli, in qualche modo ci finisce di mezzo Friends.
La storia ci dice che una sorta di rilancio tra generazioni è avvenuto un decennio or sono, quando le nascenti piattaforme si avventarono su quella sorta di bottino nascosto e passato alla storia come il miracolo di cui sopra. Netflix prese le dieci stagioni e la leggenda narra che da allora genitori e figli, in formazione composita, presero a guardare o a riguardare gli episodi, divertendosi insieme. I riscontri precisi sono complicati: ma è bello saperlo, o quanto meno immaginarlo davvero.