la Repubblica, 22 settembre 2024
La confessione di Filippo Turetta
MILANO – «Lei continuava ovviamente a urlare “aiuto”. Ho iniziato a colpirla con il coltello e le ho dato, non so...». Otto secondi di silenzio. Gli occhi bassi, il tono monocorde. Mai una lacrima. Il ticchettio di una tastiera che registra ogni sua parola. «Una decina, dodici... diversi colpi col coltello. Sopra il collo, le spalle, sulla faccia, sulle braccia. Era rivolta verso di me, si proteggeva dove la stavo colpendo». Il pm Andrea Petroni chiede: «Si ricorda come impugnava il coltello?». A Filippo Turetta danno una penna, inizia a mimare: «Tipo così». Le lancette dell’orologio scorrono ancora: «Non avrei mai pensato di farle questo».
È l’1 dicembre di un anno fa. L’ex studente di ingegneria è nel carcere di Verona, arrestato per il femminicidio di Giulia Cecchettin. Lo hanno riportato in Italia dopo una fuga in macchina fino in Germania. Al magistrato che lo sente per sette ore di fila racconta la sua verità. Una telecamere lo filma. Alcuni spezzoni del video dell’interrogatorio sono statipubblicati venerdì dalla trasmissioneQuarto Grado.
Domani, alle 9,30, nell’aula C del tribunale di Venezia, davanti alla Corte d’assise presieduta da Stefano Manduzio, comincerà il processo nei confronti dell’uomo di 22 anni imputato di omicidio aggravato dalla relazione affettiva con la vittima, dallo stalking, dalla premeditazione e della crudeltà, oltre che di sequestro di persona, occultamento di cadavere e porto d’armi. La sera dell’11 novembre 2023, tra Vigonovo e la zona industriale di Fossò, nel Padovano, furono 75 le coltellate con le quali Turetta uccise Cecchettin, 22 anni, sua coetanea, l’ex fidanzata che diceva di amare ma che in realtà perseguitava, incapace di accettare la fine della storia. Lei si sarebbe dovuta laureare in ingegneria biomedica cinque giorni dopo, poi avrebbe iniziato una nuova avventura a Reggio Emilia: sognava di diventare illustratrice di libri per bambini. Tutto cancellato in una manciata di minuti.
Non ci saranno posti liberi domani in aula: 18 riservati alle parti, 40 da dividere a metà fra giornalisti e pubblico. Solo una sedia sarà vuota: come emerso nei giorni scorsi, Turetta, difeso dagli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, non sarà alla prima udienza. Nessuna intenzione da parte della difesa di chiedere una perizia psichiatrica ma la «volontà che la giustizia faccia il proprio corso nei tempi più rapidi possibili e nell’interesse di tutti». Ci sarà Gino Cecchettin, il papà di Giulia, assistito dal legale Stefano Tigani, che chiederà di costituirsi parte civile come la sorella e il fratello della vittima, Elena e Davide, come lo zio Alessio e la nonna Carla Gatto.Una scelta che intendono percorrere – tra i diversi enti e associazioni che possono farsi avanti – anche i Comuni di Vigonovo e Fossò. «Abbiamo fame di giustizia vera reale sicura. Lo dobbiamo a Giulia e a tutte le altre», scrive sui social Andrea Camerotto, zio della ragazza.
«Le urlavo che non era giusto, che avevo bisogno vitale di lei, del nostro rapporto. Mi aveva promesso che non sarebbe mai più tornata insieme a me in qualsiasi caso. Stavo male, pensavo di suicidarmi», dice Turetta in quell’interrogatorio, ripercorrendo gli istanti precedenti alla doppia aggressione. «Ero molto arrabbiato. Non volevo che andasse via». Giulia Cecchettin era esausta di quel ragazzo che durante e dopo la fine della relazione non la lasciava vivere. In meno di due anni, le ha inviato oltre 225 mila messaggi. Più di trecento al giorno, tredici ogni ora. «Smettila, smettila, smettila. Se ti comporti come uno psicopatico, io mi comporto di conseguenza, allontanandomi. Mi stai cominciando a fare paura», reagiva lei, che voleva voltare pagina, iniziare una nuova vita. Essere libera.