la Repubblica, 22 settembre 2024
Francia, prende vita il governo Barnier ma dopo lo stallo Macron sbanda a destra
PARIGI – Dopo un lungo e tormentato parto, nasce il governo di Michel Barnier. I negoziati tesi degli ultimi giorni tra Eliseo e Matignon, sede del premier settantenne che ha preso l’incarico due settimane fa, hanno prodotto una spartizione dei dicasteri da manuale Cencelli per bilanciare i pesi tra il partito di Emmanuel Macron, quelli dei suoi alleati François Bayrou e Edouard Philippe, e il nuovo junior partner della coalizione, i Républicains. Il partito neogollista torna al potere dopo più di un decennio. Con soli 47 deputati conquista 6 dicasteri, tra cui quello simbolico dell’Interno. Il “primo poliziotto di Francia” è infatti Bruno Retailleau, capogruppo al Senato e rappresentante della corrente più dura del partito. La sarkozysta Rachida Dati conserva il ministero della Cultura. Alla fine, salta la creazione di un ministero della Famiglia affidato a una senatrice dei Républicains che non aveva votato per inserire l’aborto in Costituzione e contraria al matrimonio omosessuale. I centristi, e in particolare l’ex premier Attal ora capogruppo all’Assemblée Nationale, erano insorti. Caso risolto, ma nella coalizione rischia di essere solo tregua armata.
Il macronismo si presentava 7 anni fa come «di destra e di sinistra». Ormai è tutto sbilanciato su un solo lato dell’emiciclo. L’apertura a sinistra – auspicata da Barnier – non c’è stata. I vari nomi della gauche che il neopremier ha provato a imbarcare hanno rifiutato. Alla fine, l’unico transfuga è Didier Migaud, ex presidente della Corte dei Conti con un passato, ormai lontano, nel partito socialista. Poche le conferme rispetto al precedente governo, com’era inevitabile anche se il blocco centrale con circa 170 seggi resta l’azionista principale di una coalizione lontanissima dalla maggioranza assoluta all’Assemblée Nationale (289 deputati). Macron – che non ha voluto dare l’incarico alla coalizione di sinistra – riesce a conservare persone di sua fiducia alla Difesa (confermato l’attuale ministro Sébastien Lecornu) e agli Esteri dove arriva Jean-Noel Barrot, già sottosegretario all’Europa e affiliato al centrista Bayrou. All’Economia, Bruno Le Maire aveva già annunciato l’addio, dopo una permanenza record di 7 anni. In questo dicastero cruciale, che deva affrontare la partita della Legge di Bilancio, arriva il giovane (33 anni) Antoine Armand, deputato di Macron. Altri ministri uscenti sono stati fatti fuori: Eric Dupond-Moretti alla Giustizia e Gérald Darmanin agli Interni. Il caso vuole che Marine Le Pen li aveva pubblicamente messi sulla sua lista nera, perché colpevoli di aver «offeso» gli elettori delRassemblement National.
Con una sinistra che ieri ha organizzato nuove manifestazioni in piazza contro l’Eliseo e minaccia di presentare una mozione di sfiducia appena aprirà il Parlamento, la leader dell’estrema destra tiene in pugno il destino del governo Barnier. Se si unisse nei voti alla gauche, l’esecutivo del nuovo premier cadrebbe. Le Pen ha promesso una «non sfiducia» nella fase iniziale ma senza impegnarsi su un orizzonte preciso. Ieri, dopo l’annuncio della lista dei ministri, ha parlato di «governo transitorio», fruttodi un«rimpasto»che«non rispecchia la voglia di cambiamento e alternanza dei francesi». Il suo delfino, Jordan Bardella è stato ancora più netto: «È un governo che non ha futuro». Non sorprende il commento di Jean-Luc Mélenchon che punta addirittura a una mozione di destituzione di Macron. «È il governo dei perdenti delle legislative» ha detto il leader della France Insoumise. «Bisogna sbarazzarsi di loro il prima possibile».