La Stampa, 21 settembre 2024
Social ring
Pare che ci sia Kendrick Lamar che voglia restituire il Pulitzer dopo aver sentito i dialoghi dialettici tra Tony Effe e Fedez. Dopo Beatles e Rolling Stones, dopo Blur e Oasis, dopo Bette Davis e Joan Crawford, dopo Jung e Freud, dopo Mozart e Salieri, ad alzare il livello sono arrivati Tony Effe e Fedez.Da un lato Tony Effe, romano, bei capelli, le cui canzoni sono liberamente tratte dall’elenco delle sfilate della settimana della moda di Milano, dall’altro Fedez, che abbiamo tutti presente chi è. Qualche giorno fa è iniziato tra loro quello che si chiama «dissing», cioè due rapper che litigano: in Usa generalmente finisce a schiaffi, qua finisce tutto su Instagram. Tony Effe insulta Fedez, Fedez che conosce otto parole in più del signor Effe gli risponde, poi è di nuovo la volta di Tony che pubblica una canzone in cui mette in mezzo i figli di Fedez e inserisce un vocale che sembra appartenere a Chiara Ferragni: la canzone viene tolta e poi ripubblicata con voce modificata.I commentatori dei social pensano che sia una specie di «featuring», cioè che Chiara Ferragni abbia partecipato volontariamente al pezzo con questo contributo: ora, tutto può essere, ma se l’ha tolta e modificata un motivo ci sarà, oggi gli avvocati sono molto veloci a mandare le pec. A quel punto Chiara Effe avrebbe dovuto fare quello che avrebbe fatto ogni mamma italiana: prendere il telefono, avviare una diretta Instagram, improvvisare una skincare coreana e dire che nessuno doveva permettersi di parlare dei suoi figli.Nel momento in cui scrivo, Fedez ha pubblicato l’anteprima del nuovo episodio di questa avvincente e miserabile saga, dal titolo «Allucinazione collettiva». Sembra che Tony Effe sia stato estromesso dal discorso per lasciare il posto al memoir familiare e intimista: «Mio marito è una merda» è stata la tua exit strategy (…) vuoi fare hype con i miei figli, Tony LucaRelli (…) ti hanno mai spiegato la differenza tra un tumore e uno stronzo che è accusato di essere un truffatore? Mi spiace che Chiara ti abbia dato confidenza, almeno con te possiamo dire che ha fatto beneficenza».Spero che a questo punto Ferragni faccia una diretta durante la prossima udienza per il divorzio. A me quello che impressiona, a parte la rima «tumore» / «truffatore», è la totale aderenza alla realtà. Queste versioni didascaliche di «You’re so vain» non sono un prodotto del talento, ma figlie di un verbale dei carabinieri: ci sono nomi, cognomi, droghe varie, rime baciate male, niente è fraintendibile, ma tutto querelabile. La naturale conseguenza della mancanza di ingegno è che non c’è differenza tra un concerto e una sezione penale, non c’è differenza tra una memoria difensiva e una canzone. E la libertà di espressione? Se si ritiene che sia un valore assoluto, lo è anche assumersene la responsabilità.Si è concluso ieri il processo che ha visto Naike Rivelli accusata di diffamazione da Barbara D’Urso. Rivelli aveva pubblicato alcune frasi contro la «tv trash» della D’Urso, e altre frasi ambigue durante l’intervista a Silvio Berlusconi. Ornella Muti, madre di Rivelli, in un video su Instagram, ripreso in un articolo di Mow Mag, dice: «Il tribunale ha riconosciuto la non colpevolezza di Naike Rivelli relativamente al suo commento alla diretta di Barbara D’Urso su un’intervista di Silvio Berlusconi. Per il momento riguardo all’altro episodio contestatole a fronte di una richiesta di condanna addirittura di reclusione per 8 mesi il tribunale ha deciso per una semplice multa di 800 euro in relazione alla quale verrà fatto appello con l’auspicio di ottenere la piena assoluzione di Naike. Non solo, vogliamo che venga così ribadito il diritto di libertà di opinione e di pensiero, ma anche degli organi di informazione nella scelta del titolo degli articoli si aspettava una maggiore attenzione al riconoscimento che c’è stato, per ora in parte, al diritto di una vera espressione della propria opinione». A questo punto, però, immagino che anche il titolista possa rivendicare il suo diritto alla libertà di espressione totale.