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 2024  settembre 21 Sabato calendario

Intervista a Gino Paoli

Genova – «Mio cognato, primario di geriatria, l’altro giorno mi invita a parlare durante un convegno di suoi colleghi. Va bene: lo avete voluto voi. Per 20 anni, ogni giorno, un litro di whisky e 2 pacchetti di Marlboro rosse. Droga: 3 anni. A tavola, sempre e solo quello che mi andava. Mai fatto sport, lo odio. Per arrivare a questa età – ho concluso ci vuole una sola cosa: del gran culo. E tutti in piedi ad applaudire». Lunedì compie 90 anni: auguri, Gino Paoli. Anche oggi si è svegliato a mezzogiorno. «Da sempre, 12 ore di sonno filate». Niente medicine.Adesso però, sigarette elettroniche. «Altrimenti mia moglie Paola se ne va di casa. Ma vuoi mettere, il sapore?». Legge molto. Continua a scrivere: «Sei canzoni nel cassetto». Si è «fidanzato» con un vecchio divano bianco in pelle. Il grande schermo della tv acceso come un caminetto, il volume azzerato. «Vado a pisciare»: lo dice dopo un’ora e mezza di chiacchiere, poteva tranquillamente resistere. «Sono una persona provvisoria, non so cosa farò domani. Non mi importa nemmeno se ci sarà, un domani. È questo il segreto?». Fa lui le domande. Strana intervista.Cominciamo dai rimpianti.«Ma no, rifarei tutto. Gli errori, in particolare. Sono quelli che mi hanno permesso di crescere. Non migliori, se fai solo cose giuste. Ho chiesto scusa tante volte. La vita, bisogna mangiarla tutta. Un rimorso: ero indifferente al dolore che ho provocato in amore. Quali donne? Non lo dico, tanto lo sapete già. Però sono rimasto amico di chi ho amato: ci sarò sempre, per loro».Quaranta album, 49 singoli, 27 raccolte. Ma quante canzoni ha scritto?«Mica tante, è passato quasi un secolo (ride ). La più bella? Il cielo in una stanza: finalmente qualcuno ha raccontato dell’amore in maniera fisica. Ero un pittore, solo nel 1959 mi sono messo a cantare e scrivere seriamente. Un anno dopo – febbraio – esce La Gatta: 80 copie, vendute a parenti e amici. In estate, i juke-box degli stabilimenti balneari non suonavano altro. Un giorno, dal balcone della casa di Boccadasse – quella della vecchia soffitta vicino al mare – sento il garzone di un fornaio che fischietta il motivo: forse comincia a piacere, ho pensato».Non si è mai diplomato.«Bocciato 2 volte alla maturità, prima scientifica e poi classica. Fregato dalla matematica. Ma chiacchieravo con gli amici. Perché ai miei tempi eravamo perduti, spaesati, il mondo non rispondeva ai nostri sogni: così parlavamo, parlavamo, parlavamo. Oggi subisci tanti condizionamenti che non hai più idee. Né parole. Nanni Ricordi ci voleva diversi: i produttori attuali sono un filtro,omologano, vogliono cose che funzionino».Che invidia: comporre versi che continuano a emozionare milioni di persone.«Diventi consapevole di avere un compito: ricordi, sogni, inventi – parli! – per qualcuno che ha bisogno di te. Servi. E ti senti bene, a posto. Questo comport a grandi doveri morali. Mai cercato il successo, mi interessava costruire un ponte fra me e gli altri: quando suoni, non sei più solo».Ha scoperto Lucio Dalla.«Abbiamo fatto insieme il Cantagiro. Ci siamo trovati da dio, innamorati l’uno dell’altro. Quel barilotto brutto e barbuto aveva un talento naturale immenso. Si esprimeva, s’accendevano le luci. Avevo qualche conoscenza nel cinema: sono stato in dubbio se farlo diventare attore o cantante. Qualsiasi cosa avesse fatto, Lucio sarebbe stato un grande. Ma quando l’ho portato in Rca per incidere con lui, mi guardavanocome fossi scemo».E ha lanciato Fabrizio De André.«Letteralmente: a calci in culo sul palco della Borsa di Arlecchino, cabaret genovese di teatro impegnato. Tra un tempo e l’altro suonavo la chitarra. Per qualche sera mi sono fatto sostituire da Fabrizio: terrorizzato dal pubblico, si ubriacava come un cosacco. Altro grandissimo talento, però è sempre stato troppo impallato con Brassens: secondo me il miglior De André era quello che si affidava all’istinto».Ornella Vanoni, voce straordinaria.«Ma andava usata nella maniera giusta. Non poteva cantare da soprano i pezzi sulla malavita. Mi ha preso come produttore. Volevo tirar fuori l’Altra Ornella, più intimista. E ho dovuto prenderla a schiaffi».Metaforicamente.«No, schiaffi veri. “Non ce la faccio!”, mi supplicava. E io: “Fai come ti dico!”. È sbocciata».Cinque nipoti.«E 4 figli, non so perché me ne attribuiscano un quinto. Due con Paola, uno con Anna, la mia prima moglie; e da Stefania (Sandrelli, ndr) ho avuto Amanda, che sta per compiere 60 anni: è terrorizzata, poverina, perchè l’aspetto è ancora giovanissimo».Ma ce l’ha ancora, il proiettile nel cuore?«Prima però in aeroporto suonava, ora passo i controlli e nessun rumore: si deve essere spostato, incapsulato meglio. Quando ho fatto quella cosa idiota, mio padre mi ha portato da uno specialista: operiamo. Oppure? Se lo tiene: ma se il proiettile si muove, lei muore nel giro di 10 minuti. Faccia l’amore con moderazione, non beva e non fumi. Sia prudente. Ciao. Ho fatto sesso la notte stessa, in ospedale. La vita è una questione di culo».