La Stampa, 20 settembre 2024
Ferraris critica (il fu) Vattimo per l’addio alla verità
«Da pompiere a incendiario». Così Maurizio Ferraris, ordinario di Filosofia teoretica all’Università di Torino, ha descritto ieri il percorso dell’amico e collega scomparso un anno fa Gianni Vattimo nel convegno commemorativo alla Cavallerizza Reale, che continua oggi. «Riteneva che Dio è morto e nulla lo può resuscitare, per questo non credeva nei fatti ma nelle interpretazioni. Non sarà la tecnologia il surrogato della trascendenza, ma nuovi movimenti che diano valore alla libertà. Verità e ragione a volte diventano violenza, per esempio se uno è convinto della resurrezione di Cristo può finire per fare una crociata. Pensiero debole vuol dire addio alla verità, nel senso di un alleggerimento, di lasciar andare le cose come si dice oggi». Ferraris ricorda Vattimo come un filosofo della storia che divenne comunista dopo la morte di Gianni Agnelli, dunque «per una motivazione esclusivamente filosofica. Andava oltre la verità per raggiungere la carità. Per questo si era avvicinato al comunismo occidentale, che era caritatevole a differenza di quello sovietico». Ferraris non risparmia le critiche all’amico: «Non rimprovero un filosofo di aver fatto filosofia, ma che non ci siano fatti è un inciampo altrimenti tra Galileo e Bellarmino non ci sarebbe differenza. Così come non ci si può opporre alle fake news senza appellarsi alla verità». Appunti che scatenano il dibattito con la filosofa Franca D’Agostini: «Il rapporto di Vattimo con la verità non è riducibile in poche parole. Il suo addio alla verità, pur mal detto, ha un senso. Sei sicuro di aver capito Vattimo?». «Sicura di averlo capito tu? – la replica di Ferraris -. La decostruzione di una falsa verità in nome di una verità vera è una cosa. La decostruzione di una verità vera in nome di una debolezza della verità crea dei problemi. Se si dice continuamente addio alla verità ci si preclude di sostenere qualsiasi cosa». Vattimo fa ancora discutere.