La Stampa, 20 settembre 2024
Imprenditori e scienziati: Ue sia chiara sull’Ia
Roma – Un appello all’Europa. Una lettera indirizzata a Bruxelles per chiedere regole coerenti sull’Intelligenza artificiale. Regole che non siano un freno allo sviluppo di questa tecnologia, ma che consentano alle imprese di innovare senza rinunciare alla tutela dei cittadini e dei loro diritti. Cinquanta tra imprenditori e ricercatori hanno firmato il testo. Nomi di primo piano di aziende che stanno lavorando da anni allo sviluppo dell’Ai o che chiedono che i loro progetti futuri non vangano affossati da regole troppo stringenti. Tra loro Mark Zuckerberg, ceo di Meta, John Elkann, ceo di Exor (gruppo che controlla Gedi, editore de La Stampa), Marco Tronchetti Provera, vice presidente esecutivo di Pirelli, Federico Marchetti, fondatore di Yoox, Daniel Ek, capo di Spotify e Maximo Ibarra, ceo di Engineering. Ma l’elenco è lungo e comprende manager di colossi europei come Prada, Ericsson, EssilorLuxottica. Tutti testimoni della necessità che l’Europa cambi passo. Che non si chiuda davanti alla possibilità di sperimentare e addestrare nuove intelligenze artificiali trincerandosi dietro quelle che definiscono «decisioni normative frammentate e imprevedibili». Indiziato numero uno – convitato di pietra della lettera – è l’Ai Act, il pacchetto di norme approvato quest’anno da Bruxelles che prevede obblighi e paletti per lo sviluppo e l’applicazione di questa tecnologia, in relazione ai rischi potenziali implicati. Quando è stato approvato, Bruxelles ha salutato il pacchetto di norme come il primo mai adottato al mondo sull’Ai. Nato con l’obiettivo nobile di impedire che i i cittadini europei e i loro dati diventassero strumento per lo sviluppo di Ai a discapito dei loro diritti (le Ai si nutrono di dati online, anche delle nostre tracce lasciate in rete), l’Ai Act nei mesi ha forse pagato lo sconto di essere una norma che ha anticipato troppo i tempi. Diventando – è l’accusa – un freno allo sviluppo di questa tecnologia ancora acerba in Europa. Altrove non esistono regole simili. Mario Draghi lo ha ribadito anche nel rapporto consegnato all’Ue: senza un piano di investimenti e meno regole sul digitale l’Europa è destinata ad aumentare il ritardo col resto del mondo. Concetto che risuona nel mantra che sempre più spesso viene usato quando si allarga lo sguardo al mondo tecnologico: l’America innova, la Cina copia, l’Europa regola. «È questo lo scenario che vogliamo evitare. Per questo siamo qui come firmati della lettera. L’Europa ha potenzialità enormi e talenti tra i migliori al mondo. Vogliamo che restino qui e sviluppino qui questa tecnologia», dice a La Stampa Joelle Pineau, vice presidente della ricerca Ai di Meta. «L’Europa sta scegliendo norme che determineranno i prossimi decenni e ha bisogno di un quadro normativo chiaro. Questo sia per il benessere delle imprese che per la sicurezza dei cittadini». Per evitare che l’Europa resti indietro, viene suggerito dei firmatari, l’Europa può scegliere di riaffermare il principio sancito nei quadri normativi come il Gdpr, e «offrire un’interpretazione moderna delle sue disposizioni che ne rispetti comunque i valori fondamentali, permettendo così che l’innovazione nell’IA si sviluppi qui con la stessa portata e velocità che in altre regioni del mondo». Oppure, «può continuare a respingere il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e restare a guardare mentre il resto del mondo sviluppa tecnologie a cui i cittadini europei non avranno accesso». In particolare, i firmatari si concentrano sulla necessità di avere meno regole nell’addestramento di modelli aperti di intelligenza artificiale. Ma meno regole servono anche per consentire la creazione di modelli multimodali, quelli che operano tra testo, immagini e audio, di fatto la nuova frontiera dell’Ai generativa. Senza regole coerenti «l’Ai verrà sviluppata altrove, privando i cittadini europei dei progressi tecnologici di cui godono Stati Uniti, Cina e India». Il messaggio è: l’Ue non può impedire lo sviluppo di questa tecnologia; verrà sviluppata altrove, lasciandoci indietro. Messaggio che finisce nella zona di confine tra diritti e opportunità di sviluppo offerte dalle nuove tecnologie. Zona ancora in larga parte inesplorata e ricca di insidie.