la Repubblica, 20 settembre 2024
Intervista a Gianni Amelio su Sophia Loren
Gianni Amelio è in tour per presentare il suo film Campo di battaglia, in concorso a Venezia e ora in sala. Trova volentieri un momento per parlare di Sophia Loren e farle gli auguri per i 90 anni. La conversazione va così.Quando ha visto Sophia al cinema per la prima volta?
«Credo a 12-13 anni, in La donna del fiume. Capii che era una magnifica attrice. Ma dovremmo porci un’altra domanda: come deve iniziare, questa intervista?».È vero, l’inizio era banale. Ha altre idee?
«Le faccio io una domanda: qual è l’incipit più bello della letteratura italiana?».
“Quel ramo del lago di Como”. O forse, “Nel mezzo del cammin di nostra vita”.
«Ha ragione. Ma rimaniamo al 900. Il più bello è quello di Gli indifferenti di Moravia: “Entrò Carla”. Vorrei partire da lì. “Entrò Sophia”. Entrò nel cinema italiano e fu da subito una grande attrice. Esisteva, non recitava. È la differenza fra un attore e un interprete: l’attore è un fenomeno naturale che non va imbrigliato, l’interprete può essere tutto. Quindi, “entrò Sophia”. Anche nella mia vita. In tre momenti».Perfetto. Raccontiamoli.
«Dopo che il mio primo film per il cinema, Colpire al cuore, fu proiettato a Venezia nell’82 la grande avvocata Giovanna Cau, agente di Loren, Mastroianni e altri, mi chiese se volevo diventare uno dei suoi assistiti. Accettai con entusiasmo. Un giorno ero nel suo ufficio quando “entrò Sophia”. Una dea dell’Olimpo scesa sulla terra. Sedette su una poltrona, mi disse: il suo film è bello, possiamo fare qualcosa insieme?».Ottimo inizio. E lei che ha fatto?
«Credo di aver detto delle cazzate furenti, che mi scambiava per qualcun altro. Poi mi sono dato alla fuga. Sophia è un vento che può trasformarsi in tornado e travolgerti. Ha un magnetismo naturale che può far paura. È una rara miscela di innocenza e peccato, ti sfida e, un attimo dopo, è ai tuoi piedi. Anche come attrice: di fronte alla macchina da presa riesce a essere sempre nuova».Il secondo momento l’ha raccontato nel libro Un film che si chiama desiderio (Einaudi, 2010). Un film scritto per lei e Mastroianni. Citiamo: “Ponti mi propose di scrivere e dirigere un film per la coppia. Gli portai un soggetto intitolato Scena madre che si ambientava in una compagnia di teatro napoletano ed era una commedia”.
«Era la storia di una capocomica di sceneggiate in tournée a Little Italy, New York. Lì, incontrava un vecchio cialtrone con cui anni prima aveva lavorato in Italia e che ora viveva di espedienti in America. Il ruolo era pensato per Mastroianni. L’idea piacque sia a lei, sia a Marcello. Scrissi la sceneggiatura, mi pagarono, poi la produzione cambiò tutto: per “rispettare” lo status divistico di Sophia volevano ambientarlo a Broadway, lei doveva essere una specie di Rossella Falk, recitare Pirandello con abiti di Valentino... Mi spaventai. Il progetto è saltato. L’ho incontrata tempo dopo, mi ha detto: che peccato non aver fatto il film, quando ci hanno messo le mani quelli dello studio la poesia è evaporata…».Siamo tutti curiosi di sapere quale sia stato il terzo momento.
«Anni dopo, è lei a propormi La voce umana di Cocteau. Una donna da sola al telefono. Andai a trovarla portandomi Piero Tosi, costumista sommo. Ma sapevo che non era l’idea giusta per lei. Parlammo, le dissi: troverò una soluzione. Una settimana dopo, io e Piero facemmo un’altra proposta: lasciamo perdere Cocteau, facciamo Filumena Marturano qualche decennio dopo. Il marito è morto, i figli l’hanno abbandonata, lei litiga con un cellulare che non è capace di usare. Una donna sola, in lotta contro una vita che l’ha tradita negli affetti più veri».Come reagì?
«Si mise a piangere. Avevamo toccato corde profonde. Ci congedò dicendo che era tutto meraviglioso. Pensavamo di rivederla il giorno dopo e cominciare la preparazione».E poi?
«Più vista né sentita, per anni».La voce umana con Sophia è stato girato da Edoardo Ponti, figlio dell’attrice, nel 2014. Così “uscì Sophia”, almeno dalla vita e dalla carriera di Amelio, che però ancora la ama e la saluta con gioia.
«È, molto semplicemente, la più grande».