Corriere della Sera, 20 settembre 2024
Intervista a Francesco Bruni, timoniere di Luna Rossa
Francesco Bruni, timoniere di sinistra della Luna, appena tagliata la linea della regata del 5-3 ha detto: questo è solo l’antipasto.
«Davvero? Sa che non lo ricordo...? Sono stati momenti concitati, in cui la felicità ha prevalso su tutto».
Cosa è successo sul 4-0? Perché vi siete incartati?
«Credo sia stato un black out cerebrale. Troppi casini sul primo match point, la prova del 4-1, per cominciare; poi la malasorte: un ko senza vento e la rottura alla base della randa, due punti che non meritavamo di perdere».
Un tempo, forse, sarebbe scattato il panico. Invece no.
«Non si può essere sempre perfetti, gli errori si commettono e vanno accettati. Psicologicamente, sul 4-3, non è stato facile. Ma siamo stati bravi a fare un bel reset».
Quel che non ti uccide ti fortifica.
«Lo spero. Aver sudato per guadagnare la finale Vuitton è stato un bene. Abbiamo imparato molto».
È cresciuta parecchio anche Ineos.
«Le barche, in termini di performance, sono molto simili. Gli inglesi manovrano bene: ci sarà da soffrire. Mi sento di dire che chi vincerà la Vuitton non lo farà per 7-0. Mi aspetto battaglia».
Che cosa ha la Luna in più di Ineos?
«L’affiatamento: noi siamo una squadra. Anche nei momenti di difficoltà di un gioco di livello altissimo, ci teniamo a galla a vicenda. La nostra è la forza del gruppo».
La rottura del carrello della randa, un pezzo che viene sempre verificato, era imponderabile?
«È un pezzo iper-testato, non era mai successo. Pensi che si possano spaccare le parti elettroniche o idrauliche, ma il carrello della randa mai. Però è vero che gli Ac75 sono monoscafi volanti tirati al limite: c’è sempre una prima volta. In ogni caso, abbiamo rinforzato quella componente».
Questa prima parte di Vuitton Cup resterà nella memoria per certi momenti iconici. Ai gironi il fulmine caduto a duecento metri da voi, innanzitutto.
«Mamma mia... L’albero in carbonio è un conduttore altissimo: se ci avesse colpiti, saremmo finiti tutti fritti».
E poi la sua chiamata di quell’incrocio rischiosissimo con gli americani, nella regata vinta di due secondi.
«In Coppa America è un attimo passare da stupidi a eroi, ormai ci ho fatto il callo. Ho deciso di non prendermela più e di sforzarmi soltanto di dare il meglio di me al timone. Nella regata del 4-1 ho commesso errori terribili, sentendomi un idiota. Ma in virtù dell’aver deciso un ingaggio sottovento con American Magic, abbiamo blindato la semifinale 5-3. Grazie di avermi ricordato la chiamata millimetrica in quell’incrocio: sono cose che fa bene sentirsi dire...».
Dare il meglio di sé significa anche essere dimagrito moltissimo, Francesco.
«Sono cinque chili sottopeso, ma è necessario: ogni chilo in meno addosso a timonieri e trimmer è un chilo in più regalato ai ciclisti, che devono produrre watt».
Come si gratificherà per aver conquistato un’altra finale sfidanti, tre anni dopo la Prada Cup a Auckland 2021?
«Niente di che: mi sto bevendo una birretta. E poi ho bisogno di dormire: le ultime notti sono state insonni».
Il viaggio è ancora lungo. L’obiettivo dichiarato di questa campagna di Luna Rossa è portare la Coppa America in Italia per la prima volta in 173 anni di storia.
«Me lo ricordo bene. Non abbiamo ancora vinto niente. Ci concediamo un sospiro dopo la giornataccia di mercoledì, ma la testa è già alla finale contro Ineos. La barca con gli upgrade avrà bisogno di navigare e noi con lei: bisogna capirsi, conoscersi, sapersi interpretare. Non si finisce mai di scoprirli, questi Ac75».
Può svelare gli upgrade?
«Fossi matto: anche i muri ci ascoltano. Diciamo che non ci saranno grandi rivoluzioni, ma tante piccole migliorie che avevamo già preventivato a tavolino».
Chi vince la Vuitton?
«L’asticella sale, la pressione aumenta. Chi saprà gestirla meglio, si meriterà di andare in Coppa America a sfidare i neozelandesi. Ho una sola certezza: la serie di regate della finale andrà iniziata bene. Quindi, vincendo».