Corriere della Sera, 20 settembre 2024
Intervista a Barbara Schillaci, vedova di Totò
Palermo – «Io guerriera? Sì, guerriera del guerriero. Ci siamo battuti fino alla fine. E Totò ha fatto battere il suo cuore, oltre ogni limite previsto dai medici, perché non voleva lasciarci. Non voleva lasciare me e i nostri quattro figli».
Era stato il campione che Palermo piange, Totò Schillaci, a definire «guerriera» la moglie, Barbara Lombardo, un tempo modella e anche in gara per Miss Italia. Da settimane accanto al guerriero, prima in ospedale, adesso nella camera ardente dello stadio Barbera di Palermo da dove partiranno stamane per i funerali delle 11.30 in Cattedrale.
Prende una pausa in questo «santuario» rosanero, raggiunto da una folla commossa, e parla del campione, dei «loro quattro ragazzi».
Ma non avete avuto figli insieme...
«Per scelta. Uno io, tre lui. La somma fa quattro. Lui ha cresciuto e amato mio figlio Alberto come fosse il suo. E per me è lo stesso con i suoi, Mattia, Jessica e Nicole, che considero miei. E loro, fratelli che si amano. Siamo stati bravi. Lui, il cemento di una famiglia dove ci vogliamo tutti bene».
L’immagine che resta impressa?
«Noi nella casa di campagna sopra l’ospedale Cervello, la vista sui Colli di Palermo. Noi con Clarabella, una pecorella allevata come un cagnolino, e Nina, la piccola pitbull sperduta e triste senza il suo papà. Io che cerco Totò. Lui che mi chiama “selvaggia” perché cammino sempre a piedi nudi sui sassi...».
Il matrimonio nel 2012.
«Abitavamo insieme già un anno prima, quando accadde il miracolo. Eravamo amici da tempo, ma un giorno del 2011 la nostra amica Giusy che consideriamo una sorella, fa scattare la scintilla. E la ringrazio perché ho provato nella vita la felicità di amare».
Dal suo profilo viene fuori la prima vita: modella, in gara per Miss Italia, odontoiatra.
«Roba di tanti anni fa. Un gioco anche le gare di bellezza. Ma io ero odontotecnico. L’odontoiatra è il mio ex compagno».
Un lavoro archiviato?
«Lasciato perché con Totò ho deciso di dedicarmi alla sua creatura, la scuola di calcio, il Centro sportivo Ribolla a Palermo. Dove ha trasformato un’area in terra battuta in un vero campo da calcio. Io lì facevo di tutto. E farò di tutto. Ho tirato su i campi di padel».
A Palermo ha dedicato la vita al centro sportivo Ribolla, per stare vicino ai ragazzi dei quartieri popolari. E adesso?
«Il Centro sarà la mia vita. Perché era la sua vita. La passione per stare vicino ai bambini, ai ragazzi meno abbienti, quelli provenienti dai quartieri popolari come il Cep, da dove era partito. Diceva di sentire il bisogno di restituire alla città, a quei ragazzi di Palermo, quanto la vita e le sue capacità gli avevano offerto. Era un amore profondo per la città».
Come li aiutava?
«In ogni modo. C’erano ragazzi che non avevano i soldi per le scarpe e provvedeva lui. Animo gentile e buono».
Calore sempre ricambiato?
«A Palermo era impossibile fare una passeggiata senza essere bloccati dall’affetto di chi chiedeva un autografo o un selfie. E lui sempre disponibile, con una serena allegria».
C’è stato tempo anche per l’ultimo reality, Pechino Express, fra India, Malesia, Cambogia, è stato bello?
«Un modo per riprendere la vita in mano. C’erano già state le due operazioni. E ci siamo detti: ma sì, partiamo e godiamoci l’avventura. Per fortuna lo abbiamo fatto. Faticoso, zaino in spalla, chilometri e chilometri fra autostop e alloggi di fortuna. La sera stanco, distrutto. Guerriero fino in fondo».
Ha un tatuaggio sul braccio, cosa c’è scritto?
«Il nome del mio Totò, fra mio figlio Alby e Nina, la cagnolina. E due parole “eternamente noi”. Dove ci metto tutti gli altri figli. A cominciare da Mattia (ed è proprio vicino, sotto i riflettori delle tv, ndr). Lo guardo e vedo in lui Totò».
E la madre di Mattia?
«Rita? Sta qui, accanto alla bara con me. Condividiamo un dolore grande, nel rispetto reciproco».