Corriere della Sera, 20 settembre 2024
Reportage dalle zone alluvionate in Emilia-Romagna
Bagnacavallo (Ravenna) – A Traversara il Lamone scende impetuoso, trascina tronchi e tutto quello che incontra. Non è più nel suo letto naturale, nella mattinata l’argine si è rotto, l’acqua ha invaso il centro abitato, distrutto muri di abitazioni, diviso in due questa frazione di Bagnacavallo di poco meno di mille abitanti. Qui un anno fa il fiume era stato clemente, molti sono rimasti sorpresi, anche le villette a due piani d’improvviso sono sembrate non più sicure, gli abitanti sono saliti sui tetti in attesa che arrivasse un elicottero a portarli via.
Sono le 4 del pomeriggio quando il comandante regionale dei Vigili del fuoco, Francesco Notaro, fa il punto. «Sta diminuendo la forza dell’acqua, adesso possiamo entrare con i gommoni per raggiungere chi è ancora rimasto in casa. E capire qualcosa di più sui dispersi». Poco prima dei testimoni avevano riferito di aver visto due persone travolte dalle acque o dal crollo di un tetto. Il comandante dei Vigili del fuoco conferma che c’e almeno un’abitazione crollata sotto la furia dell’acqua, ma aggiunge che non risultano denunce di persone scomparse. Le ricerche continuano senza sosta fino alla notte. «La situazione è molto critica – conferma l’assessore ai Lavori publici di Bagnacavallo, Francesco Ravagli —. Oggi a Traversara circa duecento persone sono state recuperate, speriamo che tutti si siano salvati».
Il Lamone fa ancora paura. Poco più a monte, nella frazione di Boncellino, è impressionante vedere la massa enorme di alberi trascinati dalla corrente e bloccati da un ponte ferroviario. Un pericoloso tappo che ha fatto esondare il corso d’acqua, coprendo i filari di alberi da frutta e i vigneti.
La nuova ondata di maltempo ancora una volta ha affondato l’Emilia-Romagna e le Marche a meno di un anno e mezzo da altre due drammatiche alluvioni. Il ciclone Boris era annunciato, la pioggia è caduta come previsto, ma alla fine di una giornata campale il bilancio è comunque impietoso. Nella zona tra Ravenna e Brisighella, in 48 ore, il cumulo d’acqua caduta dal cielo ha raggiunto anche i 350 millimetri. È vero che nel maggio del 2023 erano stati 450, ma allora era la somma di due ondate in quindici giorni.
Ieri la segnalazione dei fiumi che si aggiungevano all’emergenza, Lamone ma anche Senio, Sillaro, Idice, Montone, Marzeno fino al Tiepido nel Modenese, è stata come l’apertura di nuovi fronti, un nemico incontrastabile che scendeva a valle a una velocità sorprendente, inondando campagne e case, travolgendo ricordi e pezzi di vita di una popolazione stremata.
«Mia madre era tornata a casa con mia sorella da 10 giorni. Dopo l’alluvione del maggio dell’anno scorso aveva rifatto tutto. E pensare che aveva rimandato di mese in mese perché aveva paura...». Erika Piazza è all’inizio di via Cimatti, zona Borgo a Faenza, ancora una volta finita sott’acqua. Mercoledì sera era una piacevole strada lungo il fiume, adesso è un canale dove vanno e vengono i gommoni dei Vigili del fuoco e della Protezione civile: portano a chi è voluto rimanere, rifugiandosi nei piani alti, qualcosa da mangiare e tutto quello di cui hanno bisogno. Anche Erika lascia in un contenitore un power bank. «Non c’è più luce, i telefonini si stanno scaricando. Mia madre e mia sorella sono volute restare. L’anno scorso sono rimaste 8 giorni prima di poter uscire, ma l’acqua era arrivata più in alto. Speriamo che questa volta facciano prima».
Beppe e Caterina sono venuti ad abitare in via Ragazzini lo scorso gennaio. «Ci avevano detto che avevano rinforzato tutto, che era più sicuro di prima. L’acqua ha iniziato a salire all’una di notte tra mercoledì e giovedì. Siamo andati al piano di sopra, alle 8 abbiamo chiamato i pompieri e sono venuti a prenderci. La macchina l’avevamo posteggiata al sicuro, la moto invece è rimasta in garage. Sarà andata persa con tutto il resto».
Mercoledì pomeriggio si erano rincuorati vedendo che stavano alzando in tutta fretta un muro per fermare la piena. «Altro che muro, era un Lego» dice adesso scoraggiato Beppe. La moglie lo corregge: «Però forse a qualcosa è servito». Anche dall’altro lato del fiume, le idrovore provano a svuotare le cantine, un anno fa era andata molto peggio.
Nonostante i due dispersi, il bilancio per fortuna questa volta è meno tragico. Mercoledì sera a Faenza molti hanno ricevuto una telefonata che li avvertiva del pericolo, già dalla sera colonne mobili di volontari dell’Associazione alpini e della Misericordia sono partiti dalle Regioni vicine. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha telefonato al presidente facente funzioni dell’Emilia-Romagna Irene Priolo «per chiedere notizie ed esprimere vicinanza in questo momento di difficoltà, chiedendole di ringraziare tutti coloro che si stanno adoperando per aiutare chi si trova in condizioni difficili».
Il bilancio dei danni sarà ingente, per le abitazioni e le attività produttive. Gli sfollati sono oltre un migliaio, di cui 800 solo nel Ravennate. È stato evacuato anche l’ospedale di Lugo. E oggi sarà ancora un giorno di allerta rossa. Ma questa volta il colpo peggiore è al morale, l’idea di dover ripartire senza avere davanti troppe certezze. Queste terre sono storicamente abituate ad alluvioni ed esondazioni. Anche Giovannino Guareschi faceva dire a un ottimista Don Camillo: «Le acque escono tumultuose dal letto dei fiumi e tutto travolgono: ma un giorno esse ritorneranno, placate, nel loro alveo e ritornerà a risplendere il sole».
Adesso però tutto si ripete non dopo decenni, ma dopo un anno o dopo poche settimane. E questo fa più paura dei fiumi.