La Stampa, 19 settembre 2024
Sophia Loren festeggia i novant’anni a Roma
«È una storia bellissima, piena di tante cose, di tanti ricordi, belli, brutti, perché la vita a volte è molto dura. Molto violenta, soprattutto quando sono nata e durante la guerra. Ma, naturalmente, la fine è un lieto fine». Sophia Loren, 90 anni (domani) e sentirli tutti, ricordare ogni momento, come ha spiegato quando ha deciso di scrivere la sua autobiografia (Yesterday, Today, Tomorrow: My Life) per non lasciare ad altri il potere di interpretare la sua vita. Prima regola: avere sempre il controllo. Una promessa fatta a sé stessa quando era solo una bimba e la vita per lei era ancora in salita, quando tutto sembrava congiurare per sfuggirle di mano. Poi l’ascesa, rapidissima, nell’empireo delle star, con l’autodisciplina e le ferite dell’infanzia a farle da bussola, senza mai farle perdere testa e strada, nemmeno quando vinse l’Oscar, nemmeno quando finì in cella, nel 1982, accusata di evasione fiscale. Un magistrato che voleva accertarsi che non avesse privilegi le chiese dallo spioncino della cella nel carcere di Caserta senza grazia: «Lei chi è?». E la Loren che stava leggendo, alzò verso di lui i suoi famosi occhi rispondendo: «Nessuno». Una battuta perfetta per la sceneggiatura di un film, per una delle tante donne forti e addolorate che ha interpretato nella sua vita. Per festeggiarsi Sophia ha scelto Roma e la famiglia. Arriveranno i suoi figli Edoardo e Carlo, le nuore, i 4 nipoti. Qui abitano sua sorella Maria Scicolone e le sue nipoti, Alessandra ed Elisabetta Mussolini. Ma non è solo questo. Perché Roma è stata l’inizio di tutto. «Io e mia madre siamo venute qui che avevo solo 15 anni, lei ossessionata dal pensiero di parlare con mio padre che ci aveva lasciate. Giravano Quo Vadis e abbiamo iniziato a lavorare. Una scelta che ha cambiato la vita a tutta la famiglia». E quell’uomo, suo padre, sempre lì a tentare di spezzare il suo sogno: «Una mattina bussarono alla porta i poliziotti che ci accusarono di abitare in una casa di appuntamenti. Fummo trascinate e ci fu chiesto di giustificare i proventi con cui vivevamo», ha ricordato la Loren. «Qualcuno ci aveva denunciato avanzando il dubbio che avessimo trasformato il nostro appartamento in una casa di appuntamenti. Per fortuna riuscimmo a dimostrare con facilità l’origine dei miei guadagni. La ferita che ci aveva inferto mio padre era profonda e non si è mai più rimarginata».Ma la determinazione di Sophia (e di mamma Romilda) è incrollabile e anche il destino dà una mano, facendole incontrare nel ’51 il produttore Carlo Ponti che la invita in ufficio dopo averla vista a un concorso di bellezza a Colle Oppio. L’inizio di una leggenda e di un grande amore. «Anche da quando non c’è più abita i miei pensieri e ispira i miei progetti», ha detto Sophia riconoscendo che tutto ciò che è accaduto «ruota intorno al mio incontro con Carlo».In realtà fu Alberto Lattuada, nel ’51, a far pronunciare a Sophia la sua prima battuta dopo le fatiche da comparsa. Il film era Anna, protagonisti Silvana Mangano e Vittorio Gassman. Una sola parola, tre lettere, «mai», in risposta alla domanda del barista (Vittorio Gassman): «Ciao bella quando?». Undici anni dopo vincerà l’Oscar per La Ciociara.Una carriera che conta più di 100 film con l’ultimo La vita davanti a sé, in cui è stata diretta dal figlio Edoardo. Perché alla fine è stata la famiglia il suo successo più grande, quello di madre e di nonna i ruoli preferiti. Una mamma «colonnello» per bilanciare i vizi che concedeva il marito («Faccio finta di esserlo, ma devo dire che questa immagine mi piace abbastanza»). Una nonna che parla napoletano per ricordare alle nuove generazioni da dove vengono e per il lusso di essere sé stessa. La riconoscenza come valore di vita, per il marito, la madre, la sorella ma anche per Vittorio De Sica che le diede fiducia. «Quando io e Vittorio ci siamo incontrati per la prima volta a Cinecittà, stavo uscendo dall’ennesimo provino che avevo fallito. Abbiamo iniziato a conversare e ci siamo subito trovati in sintonia. Quando mi ha offerto il ruolo nell’episodio de L’oro di Napoli, l’ho avvertito che sarei stata un’orribile candidata per un provino. Mi ha guardato con gli occhi pieni di tenerezza e comprensione e mi ha detto che non avevo bisogno di fare quel provino. La nostra conversazione era stata sufficiente per convincerlo che ero perfetta per il ruolo. È stata la prima volta nella mia vita che qualcuno ha creduto in me e ha scommesso su di me. Non lo dimenticherò mai».Oggi è difficile immaginare che qualcuno potesse rifiutare la Loren a un provino, ma allora quella bellezza così imperiale era «diversa» dai canoni dell’epoca. «Ero consapevole, ammise la star, che la mia bellezza fosse il risultato di tante irregolarità mescolate in un un’unica faccia, la mia». Quando iniziò a lavorare a Hollywood cercarono di farle ritoccare il naso: «Carlo mi diceva: il cameraman ritiene che tu abbia un naso troppo lungo». La risposta fu secca e senza appello: «Io risposi: se devo cambiare naso me ne torno a Pozzuoli». Gianfranco Ferrè che la vestì per il film Prêt-à-porter di Altman disse di lei: «È l’ultima grande diva, non è amata perché è bella, ma perché è vera».