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 2024  settembre 18 Mercoledì calendario

Periscopio

[Nel suo rapporto segreto al XXº congresso del Pcus] Chrucëv non disse alcunché dei massacri di contadini ucraini negli anni della collettivizzazione. Ma parlò della deportazione nel 1943-44 dei calmucchi, dei ceceni e dei balcari; gli ucraini, aggiunse tra il serio e il faceto, hanno evitato quello stesso destino perché erano troppi. François Furet, Il passato di un’illusione, Silvio Berlusconi Editore 2024.
Stefano Bonaccini ha ammesso, in preda all’ira, di non avere la più pallida idea di come fronteggiare l’eventuale vittoria della Russia nel Donbass: “Non lo so, ditemelo voi che sapete tutto!» (…) Noto «infangatore» del movimento pacifista, Bonaccini ha esecrato la diplomazia senza considerare lo scenario più probabile, ovvero che la Russia avrebbe schiantato l’Ucraina. Alessandro Orsini, il Fattosky quotidiano.
«Schiantato», «sventrato», «distrutto»: tipiche espressioni da «movimentosky pacifista» orsiniano. Dal web.
È stato versato troppo sangue per dare terra ai russi. il Foglio.
Dare a Zelensky il Nobel per la Pace. Non c’è nessuno al mondo che sta facendo più del presidente ucraino per inviare un messaggio ai dittatori del pianeta: la democrazia sa come difendersi dalle aggressioni dai nemici della libertà. Bandiere bianche no, grazie. il Foglio.
Alla lunga serie di domande poste al Papa durante la consueta conferenza stampa in aereo di ritorno dal viaggio in estremo oriente, sarebbe stato opportuno aggiungerne un’altra: Santità, ma qual è la differenza fra il Venezuela e la Cina? (…) Il problema è che, mentre non si risparmiano definizioni tranchant sui candidati alle presidenziali americane («Quello che butta via i migranti» e «quello che uccide i bambini») e si evita ogni commento sull’operato di Nicolás Maduro, sulla Cina si spande incenso. Davvero il Papa pensa che Pechino sia l’esempio di una «capacità di dialogo» che favorisce il «capirsi tra loro»? Perché non chiede lumi, ad esempio, al cardinale vescovo di Hong Kong, mons. Stephen Chow, domandandogli se questa vena dialogante è così presente nel quotidiano agire della politica cinese. O magari agli uiguri, popolo che il Papa nel 2020 definì «perseguitato». il Foglio.
In questo tempo derelitto ci facciamo dire dai personaggi di fantasia in che modo figliare, dalla gente famosa come votare, giù fino al difendere le appartenenze ideologiche dei personaggi disegnati. Te lo vedi Reagan che quarant’anni fa posta «odio gli Wham!»? Linkiesta.
Mentre i democratici stanno cercando di vincere la partita, i repubblicani si preparano a contestare l’arbitro. Sotto il cielo d’America.
Gli Stati Uniti [sono] da dieci anni immersi in una spirale eccezionalmente violenta. E questo è insolito. Se ammettiamo che la violenza politica assume forme diverse – i fatti del 6 gennaio, l’attacco contro il marito di Nancy Pelosi, i tentativi di omicidio contro Trump – ciò che unisce gli eventi è che il livello di minaccia è aumentato in modo drammatico, e questo ovviamente è di cattivo auspicio per ciò che accadrà dopo le elezioni, qualunque sarà il risultato. Matthew Dallek, storico (Simona Siri, La Stampa).
La retorica comunista dei dem fa volare i proiettili. Donald Trump 1.
«Chissà perché nessuno pensa a uccidere Biden o Kamala...» Lo ha scritto su X Elon Musk commentando quello che l’Fbi ha definito «il secondo possibile tentativo d’assassinio» di Donald Trump. Musk ha allegato al suo post un emoji con la faccia interlocutoria. Ansa.
L’attentato contro di me è colpa di Harris e Biden, del loro linguaggio incendiario. Donald Trump.
Musk cancella il commento. il Fatto quotidiano.
Il tycoon sudafricano potrebbe essere tra gli ospiti di Pontida 2024. il Tempo.
[Anche] Orbán applaude Salvini: patriota coraggioso. Corriere.
Luca Palamara, l’ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, parla al Tempo del clima creato dalle toghe rosse nell’estate del 2019 per stringere il cerchio attorno al ministro dell’interno, facendo leva sul tema dell’immigrazione e sui porti chiusi. E di quella chat in cui l’allora procuratore capo di Viterbo, Paolo Auriemma, scriveva: «Mi dispiace dover dire che non vedo veramente dove Salvini stia sbagliando». E Malaparata rispondeva: «Comunque va attaccato». Rita Cavallaro, il Tempo.
Non so a voi, ma a me il video di Salvini travestito da attore shakespearian-brechtiano è piaciuto un sacco. Mi ha ricordato Johnny Dorelli nella parte di Dorellik e Raimondo Vianello con la calzamaglia nera nella parodia della Ballata di Mackie Messer. Marco Travaglio, il Fatto quotidiano.
A cavallo tra gli anni 10 e 20 [Beppe Grillo] non sapeva neanche lui qual era il suo ruolo. (…) È plausibile che pensasse di poterselo permettere, tipico errore da leader incapace di distinguere il carisma da sé stesso. Così ondeggiava senza costrutto fra teatro, blog, hotel Forum, piattaforme Rousseau, appoggiando questo o quell’esponente o manifestandosi con messaggi sempre più criptici, senza mai smettere di lamentarsi che con la politica aveva perso un sacco di soldi. Filippo Ceccarelli, Repubblica.
Cinquestelle alle carte bollate. Conte: via la consulenza [e i 300.000 euro annui] a Grillo. Repubblica.
[Vincerà Conte]. Ma dopo essersi sbarazzato in serie di Casaleggio junior, Gigino Di Maio e Beppe Grillo, adesso rischia d’imitare la regina Daenerys: la madre dei draghi (con la minuscola), eliminati tutti i rivali per arrivare a sedersi sul Trono di Spade, in una delle ultime scene della serie si ritrova a passeggiare tra cumuli di macerie. Massimo Gramellini, Corriere.
Sì, certo. Abbiamo intenzione di marciare democraticamente su Roma. Un seguace del generale Vannacci.
Nel 1960 c’erano 6 milioni di studenti e 300 mila insegnanti; nel 1980, quasi 10 milioni di studenti e quasi 800 mila insegnanti; nel 2000, 7 milioni e mezzo di studenti e oltre 800 mila insegnanti; nel 2020, sempre 7 milioni e mezzo di studenti e 900 mila insegnanti. Visti i dati Pisa – secondo cui i nostri studenti sono sempre più caprette – tutti questi insegnanti nemmeno alzano la qualità. Ce ne fossero di meno, forse diminuirebbero i precari, e forse si prenderebbero salari migliori. (…) Sennò ci teniamo il «guadagnare meno, guadagnare tutti», e finisca lì. Mattia Feltri, La Stampa.
La forza del destino è anche opera nostra. Roberto Gervaso.