Avvenire, 18 settembre 2024
È tornata l’austerità
Come era prevedibile, anche il Piano strutturale di bilancio (Psb) presentato ieri in Consiglio dei ministri da Giancarlo Giorgetti (prima tappa del percorso verso la manovra) conserva l’approccio «prudente e responsabile» che ha contraddistinto la politica fiscale dell’esecutivo in questi due anni. Il documento, previsto dal nuovo Patto di stabilità europeo in sostituzione della nota di aggiornamento al Def, è atteso da Bruxelles per il 20 settembre, ma come gran parte dei 27 paesi Ue, anche l’Italia non riuscirà a rispettare la scadenza e avrà tempo fino al 15 ottobre per inoltrarlo.
In realtà quello illustrato dal titolare dell’Economia ai colleghi della squadra di governo è solo uno schema del Psb vero e proprio, che arriverà solo dopo le revisioni statistiche apportate dall’Istat alle stime annuali dei conti nazionali del periodo 1995-2023, attese il prossimo 23 settembre. A quel punto, se non ci saranno aggiustamenti, verrà trasmesso alle Camere.
Nel frattempo le linee tracciate dai tecnici del Mef sono già abbastanza chiare e prevedono un «tasso di crescita della spesa netta di un valore medio prossimo all’1,5 per cento», come si legge in una nota diffusa dal ministero al termine del Cdm, traiettoria considerata «coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsto dal Programma di Stabilità dello scorso aprile». Il testo prevede anche le riforme necessarie per l’estensione da 4 a 7 anni della durata del piano di rientro per deficit eccessivo imposto dall’Ue, che «proseguono il percorso intrapreso con il Pnrr e lo aggiornano per agire con maggiore incisività su sfide quali la Pa, giustizia, miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, compliance fiscale», scrive ancora il Mef.
L’obiettivo resta quello di scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/Pil, che il governo sembra convinto di raggiungere già nel 2026. Dopo di che, continua il comunicato del dicastero, «il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future». Il Psb non indica le misure per la manovra e dunque nemmeno quelle per la natalità, ma se il Pil del 2024 lo permetterà potrebbero arrivare soldi freschi. Un’opzione a cui il titolare dell’Economia tiene molto e anche se la sua proposta di intervenire sulle detrazioni a favore delle famiglie con figli sembra già tramontata, non è detto che non si troveranno risorse per rimpolpare l’assegno unico. Il tutto solo se la maggioranza troverà la quadra e se gli alleati di governo metteranno da parte le proprie pretese, che in verità stanno già animando la battaglia in atto sul decreto-omnibus in discussione a Palazzo Madama.
L’esecutivo ha già convocato i sindacati per un incontro sul Piano (in programma il 25 settembre), al quale, assieme a Giorgetti, prenderà parte anche il sottosegretario Alfredo Mantovano. Un segnale gradito alla Cisl che ha apprezzato la volontà di un confronto espressa da Palazzo Chigi. Mentre la Cgil in una nota ha già bollato il documento come una scatola vuota che prepara «altri sette anni di austerità» per il Paese. Le imprese, prima di esprimersi, aspettano aspettano di sentire Giorgia Meloni, che questa mattina parteciperà all’assemblea di Confindustria.
Oltre allo schema del Psb, il tavolo di Palazzo Chigi ha approvato anche il testo unico in materia di versamenti e di riscossione. Un passo i avanti verso la riforma fiscale immaginata dal governo e un’ulteriore prova della volontà di continuare a battere la strada della semplificazione delle norme tributarie: «Possiamo dire di essere a metà del percorso», ha spiegato il vice di Giorgetti, Maurizio Leo, «in totale ne sono previsti otto. Andiamo avanti nel percorso per la costruzione di un fisco più equo e moderno».
Sempre in Cdm, ma fuori dal perimetro delle politiche economiche, va segnalata la decisione del governo di intervenire nei giudizi di legittimità costituzionale promossi dalle Regioni Puglia, Toscana, Campania e Sardegna contro l’autonomia differenziata. Una decisione destinata a sollevare dure critiche da parte dell’opposizione e contro la quale si è già espresso il governatore pugliese, Michele Emiliano: «Non sono sorpreso ma non mi pare un gesto di fiducia nei confronti anche della Corte costituzionale – ha osservato –. Il governo non dovrebbe essere controparte delle Regioni nella verifica di costituzionalità di una norma che è del Parlamento». Ma la sensazione è che il contenzioso costituzionale sia un buon alibi per tutti per frenare l’applicazione della legge Calderoli. Intanto oggi Giorgetti dovrebbe rispondere all’interpellanza presentata dalle opposizioni per l’impatto sui conti pubblici causato proprio dall’attuazione dell’autonomia. Una richiesta avanzata dal campo progressista al completo e alla quale si è unita anche Italia viv