il Fatto Quotidiano, 18 settembre 2024
Restano tutti incollati agli smartphone: così annulliamo l’umanità
Capita spesso quando passeggio che uno straniero mi chieda l’indicazione di una via. Io naturalmente gliela do, ma stupisco: come mai viene a chiederlo a un vecchio talpone, smarrito, come me? Il fatto è che sono l’unico nei dintorni ad avere le orecchie libere, gli altri le hanno occupate dagli smartphone oppure sono impegnati col tablet. Se voi andate nei locali trendy di Corso Como, a Milano, vedrete che ai tavolini ci sono soprattutto coppie, ma quasi non si parlano, impegnati in telefonate che possono venire da tutto il mondo ma anche da qualche tavolo accanto. Anche a me sono capitate queste esperienze. Una volta avevo invitato a cena una mia amica, donna educatissima, che ci tiene molto a far fare la cacca ai cani nel posto loro riservato (perché queste bestie, così simili all’uomo per sottomissione, soccombismo, parassitismo hanno anche la pretesa di farla, robb de matt). Bene, per le due ore che durò la cena lei stette allo smartphone, anche in vocale per cui non capivo se parlava con me o con altri. Evidentemente non le interessavo granché, ma stando così le cose avrebbe potuto farmi risparmiare i 200 euro della cena. Capitava alle volte in treno di avere la fortuna di trovarsi davanti una bella donna con le gambe accavallate e la gonna appena sopra il ginocchio. Si chiacchierava e le si faceva un po’ il filo, anche se nel caso particolare che ho in mente non ebbi il coraggio di scendere alla stessa stazione (“Alla compagna di viaggio… e magari sei l’unico a capirla e la fai scendere senza seguirla… A quella conosciuta appena non c’era tempo e valeva la pena di perderci un secolo in più”, Le passanti, De André, 1974). In treno potevano nascere flirt e chissà amori. Adesso lei non ti guarda neanche, attaccata allo smartphone, non sarà mica il caso di parlare con una persona in carne e ossa? Con gli altri viaggiatori non è nemmeno il caso di attaccar bottone, stanno facendo la stessa cosa, per lo più impegnati in affari. L’avvento del digitale ha cambiato profondamente, in fondo in pochissimi anni, le nostre vite, la socialità. I vecchi sono rimasti tagliati fuori. Ma la cosa nell’immediato futuro riguarda anche i giovani. Perché il mondo digitale cambia a una velocità supersonica. Negli Stati Uniti una persona di quarant’anni è già obsoleta. Che cosa ne sarà di queste generazioni che non leggono e non scrivono a mano? Il contatto con la carta e la calligrafia sono fondamentali sia per chi scrive sia per chi legge. Una cosa è leggere una email, fredda per definizione, una cosa è leggere un manoscritto da cui puoi anche intuire la personalità di chi scrive (non a caso esiste una scienza che si chiama ‘grafologia’). Le Università della California e di Ulma e di tante altre importanti città sono tutte giunte alla medesima conclusione: “Scrivere a mano e leggere su carta sono pratiche insostituibili”. Bene ha fatto il ministro dell’Istruzione Valditara a riportare il diario a scuola e a proibire l’uso dei cellulari in classe, anche se usati a scopo didattico.
Secondo recenti studi “i disturbi dell’apprendimento degli studenti sono aumentati del 357 per cento e i casi di disgrafia del 163 per cento” (dal Corriere della Sera26.08). Inoltre l’Organizzazione mondiale della Sanità, l’Unesco, le Nazioni unite, la Commissione europea e anche la commissione Istruzione del Senato italiano hanno individuato nell’abuso degli smartphone la principale causa del crollo verticale delle capacità mentali dei giovani e della crescita esponenziale dei loro disturbi di ordine psicologico come depressione, ansia, aggressività, squilibri alimentari e tendenze suicidarie. Bisognerebbe mettere mano senza por tempo in mezzo a questa gigantesca questione che finisce per destituire l’umano della sua umanità. Ma ci credo poco. Questa corsa veloce, sempre più veloce verso il Futuro, tempo che fra non molto diventerà inesistente, col pretesto di semplificarci la vita ce la sta rendendo insopportabile. E tutte le roboanti dichiarazioni di cui abbiamo cercato di dar conto son solo retorica.