Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 18 Mercoledì calendario

Le nomine paradosso

P er quattro anni saranno i Commissari dell’Unione e formeranno, sotto la guida della Presidente Ursula von der Leyen, l’esecutivo europeo. Ma le loro nomine sembrano la rappresentazione, tra il comico e il farsesco, delle incongruenze che paralizzano l’Europa. 
Cominciamo da quella carica di Alto Rappresentanteper la politica estera a cui spetta la gestione dei rapporti internazionali. Vederla assegnata alla 47enne premier estone Kaja Kallas un po’ preoccupa. E un po’ fa sorridere. La risatina è inevitabile immaginando la rappresentanza di 450 milioni di europei affidata ad una signora che ad oggi guida un paese da un milione e 300mila abitanti, un quarto dei quali di origine russa. E da qui anche le preoccupazioni. La signora Kallas, come molti connazionali è considerata un «falco» sul fronte dei rapporti con Mosca. Affidarle la politicaestera mentre divampa il conflitto russo-ucraino non è propriamente garanzia di oculatezza. E non rassicuraneppure la vice-presidenza, con delega alle strategieindustriali, allungata, dopo le liti tra von der
Leyen e Thierry Breton, a Stéphane Séjourné il ministro degli esteri francese più famoso per esser stato «fidanzato» del premier Gabriel Attal che per le sue doti di statista. Ma per continuare a sorridere e preoccuparsi basta buttar un occhio alla nuova poltrona della Difesa. Il settore si sa, è il buco nero di una Ue incapace di darsi un esercito e di configurare politiche industriali nel campo degli armamenti. Ebbene a chi è stata affidata la soluzione dell’annoso problema? Al lituano Andrius Kubilius, un ex premier – ancor più radicale della Kallas nei rapporti con Mosca – proveniente da un paese di 3 milioni di anime dove non esiste una sola industria bellica e l’esercito non ha in dotazione nemmeno un carro armato. 
Ma le dolenti note non finiscono qui. L’agricoltura è da sempre un settore cruciale per un’Unione che ha come compito istituzionale la difesa e lo sviluppo di quel mercato. Peccato soltanto che il tutto sia stato affidato alle cure di Christophe Hansen, un Carneade proveniente dal Lussemburgo il granducato, grande neanche due volte Roma, dove grazie alla finanza, settore egemone dell’economia, 630mila
fortunelli si spartiscono un Pil pro-capite da oltre centomila euro l’anno. Come dire un piccolo Bengodi dove la coltivazione di patate e pomodori contribuisce per appena lo 0,4 per cento al prodotto interno lordo. Il tutto mentre la Polonia – primo produttore alimentare d’Europa grazie a cereali, patate, barbabietole latte e carne – si occuperà invece di gestire, tramite il Commissario Piotr Serafin fedelissimo del premier Donald Tusk, il delicato budget europeo. Un budget a cui Varsavia contribuisce per poco più del 4 per cento. Ma comiche, ed eventuali tragedie, non s’esauriscono qui. La sanità, settore poco ambito dal momento che Bruxelles non ha competenze rispetto alle scelte nazionali, è andata ad un’Ungheria relegata ormai al ruolo di paese paria dell’Unione. Dimenticando che solo 4 anni fa l’Europa si contorceva tra le spire della pandemia. E sperando che la storia non si ripeta.