Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 18 Mercoledì calendario

Il colpo imprevedibile del Mossad

Ogni venerdì alla stessa ora, Yehiyeh Ayash telefonava al padre. L’imprendibile artificiere di Hamas, che aveva costruito gli ordigni usati per fare strage di civili a Tel Aviv, ogni volta cambiava cellulare.Ma il 5 gennaio 1996 quando ha iniziato la conversazione il telefonino è esploso, uccidendolo: lo Shin Bet era riuscito a far finire nelle sue mani un apparecchio con una minuscola carica letale celata all’interno.L’intelligence israeliana ha sempre cercato di trovare una falla nella quotidianità dei suoi nemici, che rendesse chiaro come non ci fosse speranza di impunità: la caccia ad Adolf Eichmann, l’architetto della Soluzione finale hitleriana, e quella ai registi del massacro alle Olimpiadi di Monaco restano i modelli di queste spedizioni punitive creative, in cui la pena capitale veniva inflitta con letti minati o telefoni da tavolo imbottiti di plastico. C’era il desiderio di punire e allo stesso tempo sorprendere, in modo che il clamore dell’esecuzione trasmettesse un messaggio che andava oltre la vittima e la sua organizzazione: il monito doveva arrivare a chiunque minacciasse Israele.Una tradizione che nasce dalle radici dell’identità ebraica, come descrive il saggio sullo “spionaggio biblico” di Alessia Fassone e Nathan Morello, in cui una comunità piccola cercava di ottenere la supremazia informativa per sopravvivere alla potenza degli imperi. Il trillo dei cercapersone che hanno dilaniato i miliziani di Hezbollah sembra evocare il libro di Giosuè sulla caduta di Gerico: “Quando si suonerà il corno dell’ariete, appena voi sentirete il suono della tromba, allora le mura della città crolleranno”. Le gesta del condottiero che ha ereditato da Mosè la guida delle dodici tribù in fuga dall’Egitto non hanno mai trovato riscontri storici ma hanno tramandato nei secoli una lezione che resta fondamentale per Israele: c’è sempre la possibilità di tenere testa ad avversari numericamente superiori, con l’aiuto divino o grazie alla capacità dell’intelligence. Non a caso, per ordine di Giosuè tutti gli abitanti di Gerico vennero massacrati tranne la prostituta che aveva ospitato le due spie ebraiche mandate in perlustrazione all’interno della città. E nelle pagine dell’Antico Testamento informatori e infiltrati sono spesso decisivi, come Dalila che sottrae il segreto della forza di Sansone o Giuditta che decapita il sovrano assiro: entrambe belle e determinate, diventate l’archetipo dell’ honeytrap– la trappola al miele – che il 30 luglio scorso sembra avere tradito pure il fondatore di Hezbollah Fuad Shukr, assassinato a Beirut Sud dopo quasi quarant’anni di inviolabile latitanza.La tecnologia non ha fatto altro che moltiplicare questa predisposizione per l’assalto imprevedibile, tramutando gli strumenti utilizzati per aggredire Israele in micidiali doppiogiochisti. L’esempio più famoso ha un nome complesso: Stuxnet. Un virus molto sofisticato, frutto di un’operazione congiunta tra Cia e Mossad, che come un verme si infilava nei computer e proliferava lentamente da una macchina all’altra senza farsi notare per poi cancellare in maniera irreversibile le memorie informatiche. Tra il 2009 e il 2010 Stuxnet ha azzerato il programma nucleare iraniano, senza che gli abili ingegneri di Teheran riuscissero a escogitare un antidoto: si stima che circa mille centrifughe per l’arricchimento dell’uranio siano state mandate in tilt in 15 impianti atomici degli ayatollah. L’ex numero due del Mossad, Ram Ben Barak, non ha mai confermato di essere uno degli artefici del contagio cibernetico ma ha dichiarato alJerusalem Post :«Per 15 anni l’Iran ha tentato di ottenere un’arma nucleare e finora non ne ha neppure una: non perché non l’abbia voluto, ma a causa di molti fattori che gli hanno impedito di riuscirci. Dobbiamo essere sicuri che non ci riuscirà mai». Come nel caso dei cercapersone killer, l’attacco che genera stupore consegna un avvertimento: possiamo già esservi addosso e colpirvi quando vogliamo