Corriere della Sera, 18 settembre 2024
In morte di Beppe Menegatti
Il regista teatrale Beppe Menegatti è scomparso ieri mattina a Roma, all’età di 95 anni, dopo un breve ricovero ospedaliero. Con la sua morte, l’astro della moglie Carla Fracci si eclissa definitivamente dalla sua avventura terrena.
Il personaggio della stella nazionalpopolare del balletto, così com’è stato percepito dal mondo per sessant’anni, era in realtà l’emanazione dell’alchimia tra due persone e artisti molto diversi: Carla e Beppe. Una complicità non immune da frizioni, lei milanese stoica nella devozione alla professione, lui fiorentino vulcanico, incontenibile nel lanciarsi con entusiasmo nei progetti.
Se Carla soppesava le parole con gravità, Beppe travolgeva l’interlocutore con l’impetuoso eloquio di una mente colta, brillante, perdendosi in circonlocuzioni ardite. Riduttivo definirlo il regista dei balletti di Fracci: Beppe fu il regista della carriera di Carla, uno stratega della comunicazione nell’era della nascita del divismo tersicoreo, molto prima che le pubbliche relazioni diventassero appannaggio degli uffici stampa.
Maestro nel fiutare la notizia e cavalcare l’onda delle mode con tempismo e senso dell’opportunità, fece accettare a Fracci, suscettibile agli attacchi alla lesa maestà del suo essere regina della danza, anche la parodia sanremese di Virginia Raffaele.
Sempre un passo indietro rispetto al talento della moglie ma mai cavalier servente, si era ritagliato un ruolo da principe consorte, elevando Fracci dalla milanesità della figlia di tramviere allo status di diva internazionale, lezione appresa da Maria Callas e Luchino Visconti, con il quale iniziò a lavorare alla Scala nel 1956 per la regia di Mario e il mago, balletto di Léonide Massine che segnò il colpo di fulmine con la giovanissima Carla, scelta come sostituta della prima ballerina Luciana Novaro.
Due vite in simbiosi: le nozze nel 1964, la nascita dell’unico figlio Francesco nel 1969. Interminabile l’elenco degli spettacoli firmati da Menegatti per Fracci, in qualità di ideatore, librettista e sceneggiatore: solo alla Scala, diciassette produzioni (135 rappresentazioni), dalla Francesca da Rimini di Pistoni al Cristoforo Colombo, ma anche tanti titoli per l’Opera di Roma, durante la decennale direzione di Fracci, e per teatri di tutta Italia.
Così Beppe collocò Carla, icona biancovestita con le immancabili collane d’ambra, tra il mito di Rudolf Nureyev e la leggenda di Margot Fonteyn. E lui le si affiancò, berretto bianco o nero in testa, occhiali tondi: presenzialismo nelle «prime» mondane, tifoseria occulta nei debutti di Carla, con piogge di fiori e urla belluine che catalizzavano le platee.
L’ultima regia di Menegatti è stato il funerale di Fracci nel maggio 2021, sommessamente teatrale nella chiesa di San Marco a Milano: Beppe fece sfilare la bara di Carla ricoperta di gigli sulle note del Sempre libera da Traviata, eseguite dall’organo che Verdi suonò. In quei giorni di lutto, l’infaticabile Menegatti celebrò fino in fondo la leggenda di Fracci, accomiatandosi prematuramente dal mondo. Sempre un passo indietro