Corriere della Sera, 18 settembre 2024
Così Israele ha fregato Hezbollah
L’Hezbollah sapeva di avere un problema, con la sua rete di sicurezza compromessa dall’infiltrazione israeliana. Ma non immaginava che fosse arrivata fino a questo punto: diverse vittime, migliaia di militanti feriti dall’esplosione dei loro beeper innescata da remoto, colpito anche l’ambasciatore iraniano a Beirut e seguaci in Siria a dimostrazione di come si fidassero dei cercapersone consegnati negli ultimi mesi in un clima di tensione.
Israele, infatti, sta conducendo una campagna sistematica di eliminazione di ufficiali della milizia sciita. E alcuni dei dirigenti più importanti, come Fuad Shukr, sono stati uccisi perché le comunicazioni erano state violate. Il movimento aveva raccomandato di non usare più i cellulari, inoltre aveva sollecitato la massima prudenza nell’impiego di materiale elettronico nel timore che potesse lasciare traccia. E, secondo i media arabi, sarebbero stati distribuiti i nuovi beeper, ritenuti più protetti, per facilitare i contatti. Se sono vere le ricostruzioni vuol dire che il Mossad ha scoperto il fornitore degli apparati per poi tramutarli in ordigni. Prima della consegna? O quando sono arrivati a Beirut? Ha «lavorato» sulle batterie? La tv al Jazeera ha ipotizzato che tutto sia avvenuto in Iran, tradizionale «armiere» del partito di Dio. Se fosse così sarebbe uno smacco ulteriore, destinato a instillare sfiducia. Chiusa la prima fase, l’intelligence è passata all’attacco massiccio ricorrendo a radiofrequenze che hanno fatto da innesco.
Qualche osservatore ha collegato l’operazione del Mossad a una notizia uscita solo un paio d’ore prima. Lo Shin Bet, i servizi interni, hanno annunciato di aver sventato un attentato contro un ex alto esponente della Difesa – forse il generale Kochavi – che doveva essere investito dalla deflagrazione di una mina innescata sempre da remoto. Progetto attribuito all’Hezbollah che aveva testato il modus operandi nel settembre di un anno fa. Ma forse la rivelazione, oltre a sottolineare la minaccia, è parte della guerra psicologica in un contesto dove vale tutto. Ed è facile immaginare l’impatto immediato sui ranghi, sconcertati dal colpo sofferto, sempre più sospettosi, spinti a cercare insidie nascoste e «talpe» mentre incombe lo scenario disastroso di un passaggio dal conflitto strisciante e contenuto allo scontro totale.
In passato gli israeliani e i guerriglieri filoiraniani hanno ingaggiato un duello che ha avuto come arena proprio il settore delle comunicazioni o della sorveglianza spionistica. Le forze speciali dell’Idf hanno spesso protetto con cariche esplosive i sensori e le piccole telecamere piazzate in territorio libanese. In altre occasioni hanno modificato dei droni «fatti arrivare» all’Hezbollah e poi ne hanno provocato la detonazione. Quando Ismail Haniyeh, figura della diaspora di Hamas, è stato fatto fuori a Teheran, si è parlato di una sua possibile imprudenza nell’affidarsi a un cellulare locale intercettato dagli israeliani. A loro volta i miliziani hanno creato un’unità con il compito di inserirsi nel network telefonico del nemico dimostrando grandi capacità grazie all’aiuto dell’Iran.
Le azioni sono il proseguimento delle sfide degli Anni 70 e 90. Sempre il Mossad aveva assassinato un esponente palestinese a Parigi trasformando il telefono della sua abitazione in una trappola. Un attacco legato alla vendetta per il massacro ai Giochi Olimpici di Monaco di Baviera. Ancora più sofisticato l’omicidio mirato di Yahya Ayyash, alias l’ingegnere, il responsabile di numerosi attentati kamikaze e preparatore di bombe. Lo Shin Bet riuscì a inserire, nel gennaio 1996, una microcarica nel suo cellulare con la complicità di un «aiutante» disposto a tradirlo.
Prima ancora furono spediti dagli israeliani libri-bomba, tattica sviluppata con la consulenza dei francesi che l’avevano adottata contro appartenenti all’Fln algerino. Collaborazione nata quando davano la caccia a criminali nazisti (altri invece erano stati reclutati), a scienziati tedeschi ingaggiati da regimi arabi e in seguito a terroristi. Trucchi solo in parte superati dall’avvento della tecnologia, perché in ogni missione c’è sempre il fattore umano.