Avvenire, 17 settembre 2024
La Caritas di Foggia sceglie Khady: è la prima direttrice immigrata
Un’immigrata alla guida della Caritas di Foggia. È Khady Sene, 31 anni, del Senegal, in Italia dal 2012, da più di dieci anni volontaria e poi operatrice accanto agli ultimi. L’ha nominata l’arcivescovo di Foggia-Bovino, don Giorgio Ferretti. È la prima donna immigrata a ricoprire questo incarico in Italia e in assoluto il più giovane direttore di una Caritas diocesana. E presto sarà anche cittadina italiana «L’Italia è la nazione che mi ospita e dove vengo sostenuta nelle mie battaglie per i diritti degli ultimi e quindi mi sento al 100% sia senegalese che italiana» ci dice in un italiano perfetto. Ultima di sette fratelli, dopo il diploma in lingue (parla quattro lingue, oltre ad alcune africane) decide di venire in Italia per gli studi universitari. Ma a Foggia scopre che il suo titolo di studio non è riconosciuto. «Così ho fatto gli esami di scuola media da privatista e poi ho seguito una scuola serale perché la mattina lavoravo come receptionist in un B& B. E vivevo ospite di una famiglia. Così mi sono diplomata in finanza e marketing e poi mi sono iscritta a Giurisprudenza. Il lavoro mi assorbe tanto ma la laurea è un obiettivo che raggiungerò». Nel 2013 comincia a fare la volontaria in Caritas. «Guardandomi intorno, mi sono resa conto che non ero la sola, migliaia i migranti meno fortunati di me che vivono nei ghetti, stretti nella morsa della criminalità organizzata. Non potevo stare a guardare. Il Signore deve aver ascoltato il mio cuore, perché presto la Caritas mi propose un lavoro, prima come mediatrice e poi come operatrice». Fino a diventare responsabile dei due progetti, denominati rispettivamente “Presidio” e “Sipla”. «Ho da subito fatto attività di sportello nei ghetti perché sentivo il bisogno di non stare chiusa in un ufficio ma di uscire, di vivere quella realtà». Con una precisa convinzione. «Mi sono occupata molto dei temi del lavoro,con rapporti con le imprese e con le istituzioni. Con la Questura e con la Squadra mobile abbiamo fatto un bel lavoro per i permessi di soggiorno». Come per la vicenda di Kemo, vittima nel luglio 2019 di una gravissima aggressione razzista, seguito da Khady già in ospedale, poi accolto in Caritas e ora autonomo con un lavoro e una casa. Ora toccherà a lei organizzare la “squadra” Caritas. «Il vescovo ha a cuore molti progetti, continuando quello che Giusy Di Girolamo ha fatto prima di me, ma anche creando nuove iniziative. Piano piano le realizzeremo ma non da soli». Perché Khady ha un sogno per Foggia. «Vedere una città unita, capace di vivere insieme. Da sempre il mio lavoro non è quello di dividere ma di unire. Per questo sposo l’idea del vescovo di coinvolgere tutti, sempre in comunità, con le parrocchie e le organizzazioni del territorio». Sa di essere conosciuta come la “direttrice degli immigrati”, «ma non mi occuperò solo di immigrati. Ho lavorato già per molti italiani. Sono tante le storie che ascolto, tutte dolorose ed emozionanti. Sono ben consapevole che il mio ruolo di operatrice umanitaria deve essere svolto con il cuore, perché bisogna fare tua la sofferenza del fratello che stai ascoltando altrimenti è solo assistenzialismo. Queste emozioni mi ripagano del lavoro che svolgo ed io, che sono stata fortunata, sono fiera di potermi prendere cura di loro». L’ultimo pensiero è per la famiglia lontana. «A casa sono più che felici e vogliono festeggiare. Anche perché nella mia famiglia sono la prima che ha continuato gli studi, che si sta laureando, che lavora e si batte per i diritti degli ultimi».