il Fatto Quotidiano, 17 settembre 2024
Salvini fa un brindisi con un mojito
Fonti confidenziali ci assicurano che appresa la richiesta di condanna a sei anni formulata dalla Procura di Palermo, Matteo Salvini avrebbe dato il cinque alla fidanzata e stappato lo champagne. Perché un tale spudorato colpo di fortuna (per non dire altro) il vicepremier non se lo aspettava proprio nel momento forse più mesto della sua desolante esperienza nel governo Meloni. Segnata dall’irrilevanza e da molteplici buchi nell’acqua. Dal disgraziato Ponte sullo Stretto, già inabissatosi in un vortice di progetti bufala, costi astronomici, perizie e ricorsi. Alle demenziali campagne contro i limiti di velocità mentre le vittime di incidenti stradali registrano numeri da ecatombe.
Non fosse bastata la certificata inettitudine a governare persino un chiosco di peluche, l’uomo che si giocò la carriera di premier per un mojito di troppo era ormai considerato dai leghisti superstiti una iattura, e dagli elettori pure. Superato in tromba perfino da Tajani, e abbiamo detto tutto. Mentre il nostro galleggiava tra imperizia e fallimento, ecco che lassù (anzi laggiù) qualcuno lo ama. Non i magistrati che fanno il loro lavoro, ma lo spirito di una nazione che riesce a trasformare un indagato (e perfino chi schiaccia con l’auto due o tre volte un ladruncolo) in un fulgido eroe. Siamo così al martirio di San Salvini, colpevole di aver difeso i confini della patria e per questo perseguitato dalle feroci toghe rosse. Si organizzano catene umane davanti al tribunale.
Si sciolgono inni e canti in tutto l’orbe terraqueo trumpiano: da Elon Musk a Orbán. I suoi scritti destinati al macero sono recuperati in fretta e rinfrescati con gli ultimi patimenti subìti dal valoroso combattente per la libertà, ghiotte leccornie editoriali velocemente spalmate su Libero e il Giornale. Rainews, subito trasformata in RaiMatteo dal direttore addetto, trasmette in permanenza le opere e i giorni del prode. Parte l’asta per la diretta televisiva e il più lesto di tutti è, ça va sans dire, Nicola Porro. Giorgia Meloni esprime solidarietà al valoroso alleato con la stessa letizia di chi è costretta a cavarsi un dente senza anestesia. Dicasi lo stesso per i leghisti riluttanti, da Zaia a Giorgetti, chiamati alla mobilitazione (quando si dice la iella). Intanto a casa Salvini si preparano gli adeguati festeggiamenti nel caso fortunatissimo arrivasse una condanna (basterebbe anche un annetto): tanto coi tempi della giustizia italiana, prima del verdetto definitivo campa cavallo. Gradita la giustizia a orologeria, se prima del voto regionale.