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 2024  settembre 17 Martedì calendario

Spinelli dopo il patteggiamento: “Per Toti ogni momento era buono per chiedere soldi”

«Non mi aspettavo il patteggiamento di Giovanni Toti, mi ha decisamente spiazzato. Le richieste di soldi da lui? Per Toti in ogni momento c’era un’elezione...». Aldo Spinelli, 84 anni compiuti e la solita verve, alla prima mano cala subito sul tavolo l’asso di denari. Lo scopone del lunedì pomeriggi al ristorane Europa in Galleria Mazzini è diverso dal solito, perché Spinelli ha appena accettato di patteggiare. Sconterà tre anni e due mesi e si vedrà confiscato quasi mezzo milione di euro. A giocare con lui ci sono alcuni amici: il generale dei carabinieri in pensione Massimo Milli, l’avvocato Gian Franco Paneri, lo chef del locale. 
Spinelli, alla fine ha patteggiato anche lei e il processo non si farà. Perché questa scelta? 
«Così mi è stato consigliato dai miei avvocati, dopo le precedenti decisioni in questo senso di Toti e Signorini. Io proprio non volevo, non era mia intenzione accettare alcun accordo. Ma se non ascolti i legali allora cosa li prendi a fare? È come quando vai dal medico e ti prescrive l’aspirina o un’altra medicina. Che fai, non la prendi?». 
Sapeva del cambio di linea di Toti, che dopo essersi proclamato innocente ha scelto di patteggiare? L’aveva avvisata? 
«Non ne sapevo nulla, perciò sono rimasto sorpreso. E a quel punto mi sarei trovato da solo nel dibattimento...». 
Concorda con la versione fornita da Toti in questi giorni sulla scelta del patteggiamento (l’ex presidente della Liguria ha detto di aver praticamente «dovuto» accettare una proposta «irrifiutabile»)? 
«Diciamo che Toti è un giornalista, in questi giorni l’ha raccontata un po’ così... Lui ha chiuso con poco più di due anni, tornerà a fare la vita che faceva prima». 
Però alla fine avete patteggiato entrambi per corruzione. 
«Attenzione, si tratta di una corruzione impropria (la definizione del reato in realtà è «corruzione per l’esercizio della funzione», ndr). Alla fine mi pare che gli atti siano stati giudicati leciti e questa è la cosa importante. Non ci sono stati mai neppure contenziosi e la vertenza sul Terminal Rinfuse (secondo l’inchiesta assegnato per trent’anni a Spinelli dopo il pagamento di una tangente a Toti e all’ex presidente del porto Paolo Emilio Signorini, ndr) l’ha risolta il comandante Gianluigi Aponte (patron di Msc, ndr) non certo io». 
Toti, emerge dalle intercettazioni, le chiedeva spesso soldi per il partito. Cosa avveniva precisamente? 
«Per il governatore (ride), in ogni momento c’era un’elezione in cui c’entrava: a Genova, a Savona. E le cene: all’ultima neppure ci volevo andare, poi mi ha chiamato un mio amico e mi ha detto che portava venti persone. Che faccio? Io non porto nessuno?». 
Lei è uno dei suoi maggiori finanziatori, lo conferma? 
«Ma no, alle sue cene c’erano più di seicento persone. Io ero quello che davo di meno. E poi il suo era un partito piccolo, un partitino, aveva bisogno...». 
Il patteggiamento non è un’implicita ammissione di responsabilità? 
«Lo ripeto: alla fine ho detto sì ma io non volevo. Lo sapete come sono fatto, mi conoscete? Ho combattuto da solo contro novemila portuali, ho lottato contro tutti in porto e in città. Ma mi hanno consigliato così e mi fido. Mi hanno anche detto che alla fine tornerà tutto come prima». 
Le hanno confiscato quasi mezzo milione di euro, secondo i pm è il prezzo della corruzione. 
«Quei soldi alla fine li vorrei indietro, non mi fa piacere che me li abbiano presi. Mi hanno restituito solo due fucili da caccia che erano di mio suocero: pagherò pure la multa per questo, ma vorrei che una cosa fosse chiara». 
Cosa? 
«È stato fatto tutto alla luce del sole, tutto regolare, tutto lecito e comunque non finisce qui: farò ancora sentire le mie ragioni». 
La sua amicizia con Signorini è stata definita dallo stesso ex capo del porto «inopportuna». Lei come la valuta? 
«Mi è stato tanto vicino nei momenti di difficoltà. Ero solo, avevo da poco perso mia moglie, erano scomparsi anche i miei amici del cuore. Lui mi ha aiutato, ma forse questa amicizia sincera è stata troppo intensa». 
Anche con Toti è amico? 
«Sì, dopo nove anni siamo diventati amici. Diciamo che nel 2015 ero il candidato scelto dal centrodestra per la Regione e lui, dopo la mia rinuncia, ha preso il mio posto. In questi anni il nostro legame si è rafforzato molto. Ma ricordo che come ho aiutato lui, ho aiutato anche Raffaella Paita in quella elezione...». 
Ivana Semeraro, manager finanziario di Icon (per un periodo socio del Gruppo Spinelli, ndr) le disse che dare i soldi a Toti poteva essere visto come corruzione. Aveva ragione, alla luce dell’inchiesta? 
«No. Lei si è presa utili per 200 milioni di euro in sei anni. Sono tutti bravi a prendere e mai a dare. Ma io sono diverso...». 
In che senso? 
«Sono un benefattore, ho aiutato tutti: dai dipendenti che me lo chiedevano alle aziende del territorio, che spesso ho salvato dal fallimento. E pensare che nel 1963 ho iniziato con due impiegati, mentre ora ho 4.000 persone da mantenere: ha pesato anche questo sulla mia scelta di patteggiare e di chiudere con l’inchiesta. Non potevo in alcun modo mettere a rischio il loro posto di lavoro e il futuro del nostro gruppo imprenditoriale». 
Andrà ancora a Montecarlo? 
«Certo, ma ora preferisco Saint Vincent: fa più fresco».