la Repubblica, 17 settembre 2024
La mossa di Ursula per regnare da sola tra i governi in crisi
«Per lavorare bene nei prossimi cinque anni bisognava fare così. Era indispensabile cambiare il modello di lavoro». Nello staff di Ursula von der Leyen spiegano così le ultime mosse per la composizione della nuova Commissione. Il “licenziamento” del francese Thierry Breton rientra in questa logica. Un sistema che tra i parlamentari europei viene definito nel modo più pericoloso possibile: «I pieni poteri».Perché l’“Ursula bis” non vuole intralci. E approfittando della debolezza di quasi tutti i grandi governi nazionali, a partire da quelli francese e tedesco, ha imposto le sue richieste. Ha reclamato e ottenuto dall’Eliseo di “cacciare” Breton, il quale faceva parte del pacchetto di commissari che non le hanno risparmiato critiche insieme a Borrell, Timmermans, Gentiloni. «Voleva i pieni poteri – è l’osservazione che più ricorre tra gli eurodeputati arrivati a Strasburgo per la sessione plenaria – e li ha ottenuti». Sta formando una Commissione debole, senza esponenti di rilievo, per emergere in solitudine.A Palazzo Berlaymont, in realtà, preferiscono utilizzare un’altra formula: «Modello Covid». A cosa si riferiscono? Allo scatto di protagonismo effettuato nel maggio del 2020 dalla presidente della Commissione nell’acquisto e nella distribuzione dei vaccini. Impose a quattro ministri (Italia, Germania, Francia e Olanda) di smentire la loro iniziativa congiunta e accentrò sull’esecutivo tutte le responsabilità sui sieri anti-Covid. Ecco, ora vuole adottare la stessa procedura ma su larga scala. Accorpa su se stessa ruoli e competenze spiegando che si tratta del superamento del cosiddetto «metodo intergovernativo», quello che ha guidato l’Ue fino ad ora e che attribuiva ai singoli governi un ruolo decisionale superiore rispetto alle istituzioni europee. Per la leader tedesca, dunque, questo sarebbe un passo avanti nel percorso di integrazione europea.Ma è così? Soprattutto, ha la forza sufficiente per affrontare tutte le sfide che attendono il “Vecchio Continente” nei prossimi cinque anni? Perchè un conto è assumere il comando nella risoluzione di una singola crisi. Altro è fare fronte a un possibile cambiamento epocale e alle conseguenti riforme. Anche perchè Germania e Francia sono di fatto in campagna elettorale. La legislatura tedesca terminerà tra un anno e a Parigi tutti scommettono sull’eventualità che sempre nell’arco di dodici mesi si torni alle urne. Con i due “pesi massimi” dell’Ue impegnati nel voto e una Commissione “leggera”, sarà difficile per la Presidente uscire dalle secche di una paralisi operativa. Un pericolo ancora più incombente se si pensa che tra quaranta giorni si voterà in Usa e sisceglierà la nuova amministrazione americana e che ci sono almeno due guerre ai confini dell’Unione.Resta il fatto che fino ad ora von der Leyen non ha arretrato su nulla. Le Cancellerie e i partiti hanno dovuto subire le sue decisioni. Anche in merito al ruolo che verrà assegnato al Commissario italiano, Raffaele Fitto, che con ogni probabilità riceverà oltre al portafoglio dei fondi di coesione e del Pnrr (resta in campo l’ipotesi Bilancio) anche la vicepresidenza esecutiva. Uno schiaffo a Socialisti, Verdi e Liberali che avevano promesso fuoco e fiamme pur di evitare questa nomina. E che ora sembrano acconciarsi ad ogni evenienza. Ognuno in difesa dei propriinteressi di gruppo o nazionali. Il Pse ha preferito difendere la vicepresidenza per la spagnola Ribera (che dovrebbe ricevere anche la delega alla transizione ecologica anche se il Ppe su questo punto frena molto) e Renew si accontenta della possibilità che il nuovo commissario francese, Stephane Sejourne, ottenga l’incarico più prestigioso: la Concorrenza. Senza accorgersi che la tenaglia messa in funzione dai Popolari e dalla presidente della Commissione sta stritolando la tradizionale maggioranza europea e europeista per creare un ibrido senza precedenti che coinvolgerà anche i Conservatori dell’Ecr. In questo modo Ursula “depoliticizza” la Commissione, mette tutti sullo stesso piano e lei può alternativamente attivare il “doppio forno”, quello di sinistra o di destra in base alle convenienze. I socialisti in particolare rischiano di essere marginali per cinque anni. Non è una svolta politica, ma di potere, in cui tutti ricevono qualcosa. L’Italia, oltre al riconoscimento del peso del governo Meloni, spera in questo modo di avere una “squadra europea” un po’ più accondiscendente rispetto al percorso di rientro dal deficit e del debito eccessivo. La Polonia, con Piotr Serafin, potrebbe avere un portafoglio prestigioso – il Bilancio – e la Romania, con Roxana Minzatu, il Lavoro. E questo sarebbe una mano tesa più al Pse che non a Bucarest: i socialisti reclamavano infatti questa delega. L’altro portafoglio “pesantissimo”, l’Economia, sembra oscillare tra la stessa spagnola Ribera e l’irlandese Michael Mc Grath. Ma a questo punto si tratta solo di comporre un puzzle sul quale von der Leyen ha mano libera e che, salvo imprevisti, sarà presentato oggi.In questo contesto l’idea che il Report Draghi possa essere davvero al centro del programma della Commissione appare meno concreta. L’inquilina di Palazzo Berlaymont aveva già chiesto di posporne la presentazione per non avere intralci. Adesso vorrà presentare una “Agenda Ursula” e non un’“Agenda Mario”