Libero, 17 settembre 2024
Il 75% delle estrazioni di litio viola i diritti umani
Sfruttamento minorile o per meglio dire, di bambini, violazioni continue dei diritti umani e ovviamente paghe da fame. Questo e molto altro si nasconde dietro alla pulita facciata delle auto green.
È ciò che risulta dalla ricerca realizzata dalla piattaforma di rischi per la catena di fornitura dell’Intelligenza Artificiale (AI) Infyos ha dimostrato che il 75% delle aziende del mercato globale che si occupano di batterie hanno collegamenti con una o più aziende della catena di forniture accusate di gravi violazioni dei diritti umani. Ma come è possibile, vi chiederete? Questi nuovi dati sono stati messi assieme usando migliaia di dati governativi, rapporti di Ong, articoli di notizie e social media. La tecnologia AI di Infyos è stata sviluppata specificamente per il settore delle batterie per automatizzare la raccolta, la pulizia e la classificazione di dati non strutturati per identificare e assegnare valutazioni di affidabilità alle accuse di violazione dei diritti umani con un’accuratezza e una velocità che fino a poco tempo fa erano impossibili.
Le violazioni dei diritti umani individuate vanno da persone costrette a lavorare negli impianti di raffinazione del litio sotto la minaccia di una paga minima o praticamente nulla, ai bambini di 5 anni che estraggono materiali di cobalto dal terreno in condizioni davvero pericolose. Gli episodi di violazione dei diritti umani si verificano per lo più in Paesi ricchi di risorse con governi fragili e corrotti come la Repubblica Democratica del Congo e il Madagascar. Tuttavia, si legge nello studio, «la maggior parte delle accuse di gravi violazioni dei diritti riguarda aziende che estraggono e raffinano in Cina le materie prime che finiscono nelle batterie di tutto il mondo, in particolare nella regione dello Xinjiang, (nord-ovest del Dragone, ndr) dove l’industria delle batterie, automobilistica e solare è già stata colpita da accuse pubbliche di lavori forzati diffuse sia dai giornalisti, ma anche da agenzie governative ed organizzazioni no-profit». Perchè accade tutto questo? Facile: i produttori di veicoli elettrici e di batterie hanno una catena d’approvvigionamento complessa, che a volte conta oltre 10mila fornitori. Che vanno dalle miniere alle raffinerie chimiche fino ai produttori di automobili. «Le violazioni dei diritti si verificano spesso a monte della catena di fornitura, in primis nelle fasi di estrazione e raffinazione delle materie prime, rendendo complicato per le aziende che acquistano batterie identificare i rischi della catena di fornitura. E per chi compra i prodotti finiti diventa difficile individuare le aree d’opacità della filiera» si legge in un capitolo dell’impressionante dossier.
Oggi, specie negli Usa e nella Ue l’approvvigionamento è oggetto di crescenti controlli. E l’eventuale scoperta di problematiche nella filiera può danneggiare le credenziali di pulizia dell’industria delle batterie e ostacolare gli investimenti nel mercato globale delle batterie, che si prevede varrà quasi 500 miliardi di dollari nel 2030.
Jeff Williamson, responsabile della sostenibilità di Infyos, ha detto: «Le aziende che producono o acquistano batterie rischiano di vedersi bloccare i prodotti sul mercato, ritardando e aumentando ulteriormente i costi dei progetti di energia rinnovabile o macchiando la loro reputazione a causa dei rischi per i diritti umani». La legge Usa del 2022 sulla prevenzione del lavoro forzato uiguro (regione cinese dello Xinjiang, ndr) vieta l’importazione di beni prodotti in quella zona del Continente. E le sanzioni in caso di non conformità possono essere estreme: a inizio 2024, infatti, gli ispettori hanno bloccato i veicoli che hanno trovato in violazione delle norme. Anche in Europa ora le normative stanno diventando più severe. I nuovi regolamenti Ue sulle batterie, che entreranno in vigore tra il 2024 e il 2036, richiedono una visibilità della catena di fornitura e una gestione del rischio molto più rigorose dal 2025, e la mancata conformità comporterà il blocco dei prodotti dal mercato Ue.