Corriere della Sera, 17 settembre 2024
Cacciari dà un giudizio al primo anno e mezzo di Elly Schlein
Professore Massimo Cacciari, è illusorio che il campo largo a guida Schlein possa tentare la rimonta?
«Mah, non so se a guida Schlein o di chi. Se però non si fanno male da soli e mettono insieme, non dico una vera e propria alleanza, ma almeno un’intesa, possono pure farcela. Alle prossime Regionali potrebbero riuscire a conquistare un tre a zero in Liguria, in Umbria e in Emilia-Romagna. Certo, se invece si dividono, sarà l’opposto. Poi i problemi restano, non c’è dubbio».
Le elezioni regionali, però, non sono le Politiche.
«Ma guardi, spesso i governi hanno fibrillato e sono caduti sulle Regionali. E poi il centrodestra ha i suoi problemi interni e il vero scoglio: la legge finanziaria e il debito».
Che giudizio dà di questo anno e mezzo di Elly Schlein?
«Ha fatto quello che poteva. Doveva dire qualcosa di sinistra e ci ha provato. Poi ci sono i limiti evidenti, del Pd e della sua classe dirigente. Spesso vanno avanti per titoli e zoppicano sui contenuti. Ma gli altri stanno messi male. Autonomia differenziata e premierato sono boomerang, sulle riforme faranno la fine di Matteo Renzi, anzi peggio. Rispetto a un anno fa la situazione è quasi rovesciata. Nel centrodestra c’è un’aria di rotta, all’opposizione matura un ubi consistam, un punto stabile d’appoggio».
Sondaggi alla mano però il rapporto di Meloni con il Paese resta più che solido.
«Una cosa è Giorgia Meloni. Lei è brava e sa comunicare. Ma la sua coalizione è divisa, a partire da Matteo Salvini. E poi, ripeto, ci sono le bombe ad orologeria di Autonomia e premierato».
Lei rimprovera alla sinistra di procedere solo per titoli.
«È un problema evidente. Il fisco, per esempio. Cosa si propone? Quali aliquote e come? Va bene, più soldi per la scuola, ma per fare che cosa? La sanità, evviva quella pubblica. D’accordo. Ma anche qui siamo alle predicazioni. Schlein ha capito le regole del gioco, non ci si sfida a tresette con quelle dello scopone. Ma siamo solo all’inizio. Se non all’anno zero, all’anno uno. È del merito delle cose concrete che bisogna occuparsi piuttosto che degli scandaletti come quello di Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia».
Il campo largo è diviso sui gradi temi, politica estera per prima.
«Finché non sei al governo fai melina, ci sta. Che Pd e Cinque Stelle siano divisi è relativo. O si sparano o, se vogliono sopravvivere, devono unirsi. Gli altri? Renzi e Calenda? Ci stanno, non ci stanno, è quasi indifferente».
Ha mai pensato a un ritorno alla politica attiva?
«Ma cosa vuole che pensi alla mia età? Tra un po’ vado dall’altra parte».
Che Paese vede?
«Stanco, vecchio, decrepito. Anche i giovani migliori sono schiacciati da burocrazie, gerontocrazie e controlli. È uno schifo. È un tema di cui non si occupa più nessuno, c’è solo Giuseppe De Rita».
Non se ne esce?
«Ci vorrebbe un altro ’68. Non come quello vecchio, distruttivo ed estremista. Ma un ’68 riformatore. Una rivoluzione culturale, che svecchi il linguaggio conservatore che domina sia a destra che a sinistra; nella politica, nei giornali, nella tv».
E l’Europa?
«La crisi è così profonda che magari potrà esserci un contraccolpo. Per ora però nulla di nuovo: la Gran Bretagna è abituata all’alternanza. In Francia c’è la solita ammucchiata. Se invece in Germania prevalesse la destra estrema sarebbe la fine dell’Europa».
Cosa spera dalle presidenziali Usa?
«Io non spero proprio nulla. Credo che vincerà Kamala Harris. Ma poi? Che farà per la pace in Ucraina e in Medio Oriente? Poi c’è l’Iran, che presto avrà l’atomica con l’aiuto di Mosca».
Quella di Putin è una politica scellerata.
«Sì, guida uno Stato semi criminale. Ma allora? Che si fa?» .