Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 17 Martedì calendario

Il M5S, ovvero: prima o poi tutte le rivoluzioni finiscono in banca

Prima o poi tutte le rivoluzioni finiscono in banca. L’epopea dei Cinque Stelle non si è sottratta alla regola e il duello terminale tra Grillo e Conte – l’artista e il notabile, il dilettante e il professionista, il fondatore e l’usurpatore – ha abbandonato da tempo i cieli stellati dell’ideologia per trasformarsi in una partita di giro ragionieristica, con il reciproco rinfacciarsi di somme date o dovute, in un turbinio di contratti pubblicitari di cui si chiede il rispetto o si minaccia il recesso. I due galli nel pollaio, che in realtà assomigliano al gatto e alla volpe, sono fatti per non capirsi e, capendosi, per non piacersi. Una persona presente alla stesura dello Statuto che oggi entrambi brandiscono come una clava mi ha raccontato che quel giorno Grillo non smetteva di punzecchiare Conte, seduto dall’altra parte della scrivania. Arrivò a umiliarlo verbalmente in modo pesante, ma Conte, con il sangue gelido che in questi anni abbiamo imparato a rispettare e a temere, non muoveva un muscolo, limitandosi a ripetere sottovoce: «Di’ pure quello che vuoi, però intanto firma, firma…». 
Non ci sono dubbi su chi vincerà: lui. Ma, dopo essersi sbarazzato in serie di Casaleggio junior, Gigino Di Maio e Beppe Grillo, adesso rischia di imitare la regina Daenerys: la madre dei draghi (con la minuscola), eliminati tutti i rivali per arrivare a sedersi sul Trono di Spade, in una delle ultime scene della serie si ritrova a passeggiare tra cumuli di macerie.