la Repubblica, 16 settembre 2024
Un triumvirato femminile comanda il Paese
Ciao maschio, un triumvirato femminile comanda il Paese: Giorgia Meloni, presidente del Consiglio; Arianna Meloni, sorella della presidente e coordinatrice della segreteria di Fratelli d’Italia; Patrizia Scurti, capa della segreteria particolare della presidente. Il matriarcato di Palazzo Chigi è potere, famiglia, ultimamente anche bunker. Tutto ciò che sta fuori è complotto, minaccia, sospetto. Dal triumvirato passano le decisioni politiche, le nomine, le strategie, le fortune di un ministro e le disgrazie di un altro, l’ascensione di questo parlamentare e la caduta di quello.A differenza dei vecchi collettivi femministi dove i maschi erano esclusi per scelta ideologica, si chiamava separatismo, qui sono stati espulsi strada facendo, senza rimpianti. Con un tweet Meloni ha lasciato il simil consorte Andrea Giambruno dopo il noto caso dei fuori onda di Striscia la notizia. Con una intervista nel pieno di un agosto travagliatissimo Arianna si è congedata dalla relazione con Francesco Lollobrigida, precipitato in poche settimane da plenipotenziario di FdI a sottufficiale, se va bene. I suoi non pochi detrattori nel partito dicono che ora sarà più facile capire se ruolo e peso del ministro dell’Agricoltura dipendevano dal fatto che era «bravo», come ha concesso ancora l’altro giorno Arianna in un comizio nel ferrarese, o dalla sua perduta affiliazione a un cerchio magico dalla circonferenza sempre più stretta. Quanto sarà difficile per Lollobrigida risalire la china è testimoniato da un episodio. Quando Arianna ha concesso al Foglio il colloquio nel quale annunciava la separazione, il testo con le sue parole è passato anche per le mani della sorella. Non solo non ha proposto di ingentilirlo, al contrario ha suggerito di rendere più netti alcuni passaggi.Ci sono ancora uomini che contano. Su tutti, i due sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari e Alfredo Mantovano. Ma se l’esercizio del governo fosse una saga tolkeniana, di cui Meloni è notoriamente ghiotta, non sarebbero nella Compagnia dell’anello. Sarebbero elfi di complemento, affidabili e fedeli, però un passo indietro.Il pilastro è Scurti. Meloni ha bisogno della sorella, ma la netta impressione è che senza Scurti non riuscirebbe ad andare avanti. Arianna ha una lunga militanza alle spalle, però è al debutto in prima linea. Sostenere l’esposizione non è facile. «Arianna ha una straordinaria storia politica, ma quando le mettevi in mano un megafono diventava rossa», parola di Marco Marsilio, il governatore dell’Abruzzo che conosce bene le sorelle e che trent’anni fa ingaggiò una giovanissima Giorgia per accudire la mamma. Scurti non ha il problema di apparire, non ha nemmeno i social, né quello di soffrire la pressione. Ha una impressionante resistenza fisica e mentale. Anche nei giorni in cui Meloni è provata, nervosa, irritabile, Scurti tiene botta. Suadente e cortese con i media amici, arcigna e guardinga verso ogni altra presenza. È l’ombra di Meloni da quasi vent’anni, una delle poche eredità di Gianfranco Fini che Fratelli d’Italia non ha disconosciuto, anzi. Fu Donato La Morte, uomo macchina di Fini, a reclutarla. Amica, seconda mamma, confidente, spalla, custode, «zia Patrizia» per la piccola Ginevra, «la mia padrona», secondo la definizione che Meloni ha dato di lei nella sua autobiografia, Scurti è la coperta di Linus della presidente del Consiglio. La simbiosi tra le due è tale che molti sono convinti, prove fotografiche alla mano, di poter dimostrare che il taglio di capelli di una passa facilmente in testa all’altra dopo pochi giorni, e lo stesso per i colori degli abiti. Passare da Scurti è l’unico modo per avere accesso a Meloni. È il marito di Scurti, capo scorta della presidente del Consiglio, ad aver gestito la revisione della scorta di polizia di Palazzo Chigi. Nel triumvirato l’ossessione per lo spionaggio è pari a quella per i complotti.Ieri, in un retroscena della Stampa si elencavano alcune figure che Meloni considererebbe possibili ideatori di trame contro la stabilità del suo governo: Matteo Renzi, l’ex agente segreto Marco Mancini e lo scrittore, ex piduista, Luigi Bisignani. Di certo su almeno un nome della terna non sarebbe d’accordo Guido Crosetto, convinto a sua volta di essere oggetto di attenzioni, o disattenzioni, da parte della nostra intelligence (i dubbi del ministro della Difesa sono a verbale nella deposizione resa al procuratore di Perugia Raffaele Cantone). Con Bisignani, infatti, Crosetto è in buoni rapporti e lo ha anche incontrato. Meloni invece non ama Bisignani, nell’estate del 2023 furono ben due i ministri, oltre allo stesso Crosetto anche il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi, a disdire la presenza già annunciata alle tappe di presentazione del libro che Bisignani ha firmato insieme al giornalista Paolo Madron, I potenti al tempo di Giorgia. Dove si racconta bene anche dell’uccisione simbolica di un altro “padre”, Fabio Rampelli, capo della corrente dei Gabbiani alla quale Meloni aderì quando ragazzina si iscrisse al Movimento sociale. Da tempo i rapporti tra Rampelli e la ex allieva non sono più felici, anche se l’attuale vicepresidente ha detto pochi giorni fa proprio aRepubblica di non considerarsi il capo dell’opposizione interna a Meloni: «Non posso oppormi a qualcosa che ho inventato io». Dicono gli psicanalisti che tutti tendiamo, volenti o nolenti, a riprodurre nella maturità le dinamiche dell’età della formazione. Come ha raccontato Meloni sempre nell’autobiografia, suo padre lasciò la famiglia quando era ancora una bambina e i rapporti non sono più stati recuperati. Il cuore del potere ora è come la famiglia di origine: senza padri né mariti.Il cuore del potere ora è come la famiglia di origine senza padri né mariti.