La Lettura, 15 settembre 2024
I sessi non sono due, ma cinque
Le controversie emerse nel corso delle recenti competizioni olimpiche e paralimpiche circa i criteri adottati dal Cio per l’assegnazione dei partecipanti alle categorie uomo/donna costituiscono una buona occasione per chiarire che cosa sia, e su cosa sia basata, la differenza sesso/genere. Le trappole del linguaggio su questo tema hanno creato confusione e alimentato contrapposizioni (già accadute in passato con altre atlete, Dutee Chand, Annet Negesa, Mokgadi Caster Semenya) che sono costate molta sofferenza alle persone coinvolte. Precisare il significato gergale, scientifico, e quello colloquiale dei termini impiegati può aiutare a raggiungere una chiarezza che non riguarda solo la possibilità di partecipare ai giochi olimpici e paralimpici, in una o altra categoria: è oggi di grande rilievo per lo sviluppo della medicina di genere (ormai è chiaro quanto l’appartenenza di sesso e genere siano fattori cruciali della salute), di politiche sociali non discriminatorie, di piena attuazione esistenziale di ciascuno nelle condizioni di genere sviluppate in congruenza o meno con il sesso assegnato dalla genetica (e valutato alla nascita sulla base dell’esame macroscopico dei genitali esterni con conseguente assegnazione anagrafica).
Di estrema superficialità il livello dei commenti sul caso delle pugili Imane Khelif e Lin Yu-Ting di sesso femminile all’anagrafe e in competizione nel pugilato donne e dell’atleta transessuale Valentina Petrillo, nata di sesso maschile, in competizione atletica con donne grazie a un processo di riassegnazione del sesso concluso da anni e accettato dal Cio. Nasce spontanea la domanda a chi si è mostrato perplesso per queste decisioni: dovevano forse boxare con gli uomini le due donne pugili perché probabilmente dotate di alti livelli di testosterone? E correre con gli uomini la velocista, donna, con livelli di testosterone circolante inferiori alle 5 nanomoli come provato dal Cio? Il silenzio sarebbe stato opportuno.
Oggi il criterio per l’assegnazione alla categoria uomo/donna è il certificato anagrafico del sesso assegnato alla nascita (o al termine di regolari processi di riassegnazione di sesso come previsto dal Cio) unito alla valutazione di alcuni parametri endocrinologici (per evitare casi di doping quali quelli delle atlete dell’ex Germania Est). Il Cio questi criteri li ha stabiliti basandosi essenzialmente su uno studio di Kaye Ballantyne, Manfred Kayser e Anton Grootegoed (2012) e adottando le norme approvate il 1° maggio 2011 dalla International Association of Athletics Federations (Iaaf) che governano l’eligibilità delle femmine iperandrogeniche a partecipare a pieno titolo nelle competizioni «per donne». Un modo fruttuoso per suggerire modifiche chiede dunque a tutti i partecipanti al dibattito la consapevolezza della parola del biologo e delle riflessioni critiche (basate su queste) svolte dai filosofi (il modus ponens del tema).
Bene sanno i biologi che per i Latini la vita animale è una, ma la grande saggezza dei Greci distingue la mera vita animale zoé, che è tutto ciò che la sorte genetica ci assegna quando gettati nel mondo, da bíos, ciò che il nostro essere-vita diviene relazionando nel e con il mondo. È così che nei corsi universitari i biologi insegnano Zoologia, sesso e riproduzione, mentre filosofi, sociologi e giuristi si occupano di genere e sessualità. In biologia sesso significa «ricombinazione genetica»: in altri termini significa scambio di porzioni di materiale genetico nel corso della formazione delle cellule germinali (spermatozooi e cellule uovo). Questo fenomeno caratterizza la riproduzione sessuata, che assicura una grande variabilità genetica tra gli individui. La natura dei sistemi sessuali e i meccanismi di determinazione del sesso sono estremamente variabili e possono avvenire in presenza anche di un solo tipo di sesso, quello femminile (la partenogenesi), di due o di molti sessi (oltre dieci e in grado di accoppiarsi tra loro, i mating types dei parameci, phylum Ciliati), altri presentano contemporaneamente maschi, femmine ed ermafroditi; alcuni determinano il sesso per via cromosomica, altri in accordo con parametri ambientali; altri ancora invertono il sesso nel corso dell’esistenza biografica: negli acquari di casa nostra i pesciolini portaspada (Xiphophorus hellerii).
Dinnanzi a questa affascinante complessità del tema sesso insegnato ai giovani biologi, nasce una semplificazione antropocentrica del comune cittadino (comunque accettabile ai fini di una chiara discussione) che nei Mammiferi definisce sesso l’insieme delle contrastanti e complementari caratteristiche (anatomiche, fisiologiche, psicologiche, eccetera) che gli individui mostrano a livello somatico (fenotipico). Si precisano così i caratteri sessuali: primari (ovaio e testicolo), secondari (pene, vagina, utero), terziari (peli, barba, mestruazioni, timbro della voce) e altri ancora (aspetti psicologici e di genere). Sulla valutazione di questi caratteri si basa la categorizzazione maschio/femmina che ciascuno di noi compie.
È imperativo però sapere che questi caratteri sono determinati geneticamente non da un singolo gene ma da molti tratti del Dna e per questo motivo sono definiti «caratteri di tipo quantitativo», «caratteri poligenici», «caratteri variabili». In altre parole, non sono caratteristiche qualitative, del sì o no, della presenza o assenza, determinate da un singolo gene che si esprime o è silente. Come tutti i caratteri somatici determinati da molti geni (si pensi alla statura, ad esempio) questi appaiono con una distribuzione di tipo gaussiano e si rivelano ai nostri occhi con una alta variabilità. Anche la formazione delle gonadi, sorgente primaria degli ormoni che influenzano lo sviluppo dei caratteri sessuali, è soggetta a variabilità.
Il sesso primario nell’uomo si stabilisce intorno alla quinta settimana di sviluppo, quando l’embrione indifferenziato sviluppa i testicoli grazie all’accensione del gene SRY (sul cromosoma Y) o l’ovario grazie al gene WNT4 (sul cromosoma 1). L’espressione sia di SRY sia di WNT4 è regolata a monte e a valle da molti altri geni (WT1, LHX9, LIM1, eccetera) la cui azione è modificabile dalla presenza di diverse molecole di origine sia endocrina sia esocrina capaci di aumentare la variabilità nello sviluppo morfo-funzionale delle gonadi. Si intuisce che un processo così altamente complesso possa produrre uno spettro di caratteristiche sessuali (intersessualità) che trascende rigide categorizzazioni. Nella nostra specie circa il 1,7% degli individui è intersesso e Anne Fausto-Sterling (1993) propone l’esistenza di ben cinque sessi. Inoltre, l’espressione dei molti geni che determinano il sesso e i caratteri sessuali è fortemente influenzata da un elevato numero di fattori ambientali, il che innalza ancora di più la variabilità. I fattori ambientali vanno intesi nel senso più ampio: quelli, esocrini a cui sono esposte le gestanti. dovuti agli stili di vita (scelti o imposti dalle condizioni socio-economiche) come le privazioni alimentari, diete, additivi alimentari, qualità delle acque e dell’aria, assunzione di farmaci, droghe, e quelli, endocrini, prodotti dall’organismo materno. In entrambi i casi si realizza la presenza di molecole che agiscono da interferenti endocrini del processo di determinazione del sesso e di acquisizione dei caratteri sessuali modificando l’espressione dei molti geni coinvolti in questi processi.
Un esempio scolastico tra i Mammiferi è quello dei parti gemellari con la mascolinizzazione di un feto femmina dovuta all’azione di ormoni maschili (prodotti dal gemello e circolanti a causa di anastomosi tra i vasi placentari) con la nascita di un individuo intersesso (fenomeno frequente nei bovini, i freemartin).
È dunque fattuale l’alta variabilità genetica del sesso, variabilità nella morfologia (disgenesi gonadiche, mescolanza delle due gonadi in un ovotestis, assenza di una, maschi monorchidi, o entrambe le gonadi, femmine atresiche prive di ovari) e nella funzione delle gonadi con fenomeni di ipo- o iper-funzionalità. Così, se si dimostra che le pugili Imane Khelif e Lin Yu-Ting hanno altissimi livelli di testosterone, si può ipotizzare una loro condizione di iperfunzionalità nota come iperandroginismo. Tralasciando la difficoltà di stabilire soglie per l’assegnazione a categorie, poiché il livello ematico di testosterone è molto variabile sia nei maschi sia nelle femmine, vi è un elemento cruciale che complica la scelta dei valori di testosterone quale criterio categorizzante: l’esistenza di mutazioni nel recettore cellulare di questo ormone che ne inficiano l’azione stimolante l’attività muscolare. Per questi individui può risultare del tutto fallace adottare il parametro dei limiti di testosterone (che è il criterio principe del Cio) per l’assegnazione alle categorie olimpiche. Piccola nota di costume: individui XY (sesso maschile) portatori della mutazione (locus Xq11-12; disfunzione sessuale da insensibilità agli androgeni) sviluppano fenotipo e caratteri sessuali femminili affascinanti se si pensa che tempo addietro si ritenevano gran parte delle modelle affette dalla sindrome di Morris (vecchio nome della disfunzione). Se il Cio adottasse il cariotipo come criterio dovrebbero gareggiare con gli uomini! Ben diverso il caso della velocista transessuale Valentina Petrillo giustamente ammessa a gareggiare con altre donne avendo terminato un regolare processo medico di riassegnazione del sesso del quale il Cio ha preso atto. Purtroppo il termine trans è utilizzato in modo volgare e offensivo (non avendo coscienza del lungo e doloroso percorso medico sottostante) e con l’aggravante di confonderlo con l’intersessualità o con l’ermafroditismo (ove un solo tipo di individuo è portatore delle gonadi dei due sessi) con i quali non ha nulla in comune. Così si è rivelata inefficace la valutazione dei livelli di testosterone dell’atleta per tacitare ogni commento, come pure accaduto con le giocatrici transessuali di pallavolo Rangel Jaramillo, Maia Jasvir Romero e Tiffany de Abreu e con la sollevatrice di pesi Laurel Hubbard (come la Petrillo, nata uomo, ha terminato la transizione e gareggia con le donne presentando cinque nanomoli per litro di testosterone).
La realtà fattuale (biologica) brevemente illustrata sostiene che il sesso di un individuo non è una mera costruzione sociale, ma è espressione dell’altamente variegato panorama genetico di zoé: maschi, femmine, intersessi, ermafroditi, molteplici sessi, eccetera. Ma la nostra esistenza, la vita nei termini colloquiali (in quelli gergali biologici la vita è definita «un processo materio-energetico basato sul carbonio sul pianeta Terra»), le relazioni, le esperienze vissute o desiderate si incarnano nel nostro bíos, nelle nostre biografie che parlano di genere, di uomo e donna, e sono la risultante di un progetto epigenetico, sociale, storico (la nostra genetica che si esprime condizionata da famiglia, scuola, società: dalle relazioni). La letteratura al riguardo è vastissima, basterà ricordare Simone de Beauvoir («donna si diventa») e Judith Butler (di cui esce il 20 settembre da Laterza il saggio Chi ha paura del gender?) per rendere conto della complessità della discussione contrapposta alla banale semplificazione che vuole (erroneamente) identificare il sesso con il genere.
È tempo che filosofi, sociologi e giuristi contribuiscano, sulla base delle conoscenze biologiche, a sviluppare nuove visioni sul sesso, sul genere e le dinamiche di appartenenza di genere. Un buon inizio potrebbe essere sviluppare politiche educative con programmi scolastici dedicati a questi temi (l’Italia è priva di questi insegnamenti nelle scuole superiori, a differenza della maggioranza dei Paesi europei) per dare ai giovani strumenti per creare relazioni armoniose, spiegando loro che il sesso (maschile/femminile) ed il genere (uomo/donna) sono termini che sottendono fenomeni biologici diversi. L’essere uomo o donna, l’identità di genere, l’appartenenza a un genere, non è innato: è un fenomeno epigenetico altamente complesso, costruito dagli accidenti della vita, dalle esperienze delle gioie e sofferenze incontrate nel tempo, dalle cicatrici del nostro bíos, «gioie inaudite, meravigliose cadute» (con periodi critici di sviluppo, vedi età adolescenziale, di acquisizione psicologica del proprio genere) su di una matrice biologica (genetica: il sesso) altrettanto altamente variabile ed assegnata dalla sorte, dalla lotteria, dalla roulette genetica. L’Olimpiade 2024 di Parigi è stata la prima nella quale si è raggiunta la parità numerica di genere (5.250 uomini, 5.250 donne), può essere un buon momento di discussione per raggiungere la piena accettazione dell’identità personale di genere, che si presenta con uno spettro molto ampio, nella scena pubblica