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 2024  settembre 14 Sabato calendario

Morgan, la “vittima” vittimista che chiede giustizia riparativa

“La vittima sono io”. “Qui la vittima, il danneggiato gravemente sono io, seriamente, mentre dall’altra parte si fanno concerti e feste”.
Ha detto questo Morgan, dopo la prima udienza del processo che lo vede imputato per stalking e diffamazione nei confronti di Angelica Schiatti. Ed è strano, perché il contenuto delle sue dichiarazioni spontanee in aula, poche ore prima, non era esattamente questo. Anzi, ha detto di aver vissuto un periodo di grande patimento, ma ha anche ricordato di aver porto le sue scuse per il linguaggio e gli atteggiamenti che erano tuttavia legati a un periodo difficile, acuito dalla relazione con la persona offesa. Ha chiesto al giudice di poter accedere a un percorso di giustizia riparativa. Ha specificato, anche, che “ci sono stati moti che contenevano una certa brutalità verbale, chiedo scusa, ma erano lo sfogo in mezzo a una copiosa produzione con una nuova predisposizione verso l’altro”. La predisposizione verso Angelica e le scuse sentite si sono manifestate – genuine – appena uscito dall’aula.
Ai giornalisti, dopo le sue dichiarazioni spontanee, ha dichiarato tronfio: “Sono stato zittito da anni, non sono un persecutore, sono un letterato, la vittima, il danneggiato gravemente sono io e lo sapete tutti, perché dall’altra parte si fanno concerti e feste, qui io ho problemi a capire come mantenere le mie figlie”. Piccolo inciso: nel 2019 gli avevano pignorato casa perché non pagava gli alimenti alle figlie. Tornando al processo, verrebbe da domandare come mai pochi minuti prima avesse chiesto la giustizia riparativa, se pensa che Angelica – la carnefice – se la goda mentre lui – il torturato – stia pagando per ciò che non ha fatto. Tra parentesi: notare come Morgan utilizzi uno degli argomenti tipici della vittimizzazione secondaria, e cioè “la vittima non piange, non è depressa e in lutto, dunque non è vittima”. Secondo lui, Angelica non dimostra abbastanza la sofferenza patita, quindi non è credibile. Ma le sue genuine intenzioni di “riparare il danno” annunciate con la sua consueta modestia (“La giustizia ripartiva è una bella novità, io sono un innovatore anche in queste cose!”) si è manifestata anche dopo il suo ritorno a casa. Appena tolto il trench, il cantante si è piazzato davanti alla telecamera e ha dimostrato di essere ben lontano dall’immagine della persona che perseguita, insiste, capovolge la realtà, non lascia in pace Angelica, non tenta di rovinare la sua reputazione.
Queste alcune delle sue frasi che immagino anticipino già il percorso riparativo: “È un incubo vivere una tortura come quella che stanno facendo delle persone che non si sa cosa vogliano da me” (Ah è Angelica ad aver cercato lui). “È una persona che è passata dall’oggi al domani dal ‘Io ti amo’ alla malvagità” (Ah, è Angelica la malvagia della storia). “I messaggi che avete letto sono l’unico momento di giramento di coglioni che hanno tutti” (chi di noi non ha scritto a un ex che avrebbe diffuso i suoi filmati erotici e “nazisti come te devono avere una bella lezione”), “Arrivare a denunciarmi è una cosa ridicola, non si denuncia Dante se scrive di Beatrice, non si denuncia chiunque scriva”. “Lo stalking dovrebbe ledere qualcuno, qui si brinda allegramente perché aumentano follower. A chi fa comodo tutto questo? È lei che ha bisogno della luce di altri e tira in mezzo me che non la penso”. “Devo difendermi perché sono troppo danneggiato”. “Chi è il persecutore? Chi è che non si è presentato in tribunale? Ah già, ma lei ha concerti, io no, non più”. Ma pensa, qualcuno permette ancora ad Angelica di lavorare e il giudizio morale si è abbattuto su di lui, che scriveva all’agente della ex “Lo tira fuori a molti il pisello o solo uno alla volta?”. È proprio il mondo al contrario. Insomma, qualcuno tolga il lavoro ad Angelica. Colei che Morgan, mentre oggi lui in aula dichiarava “è dal 2021 che non la menziono!”, l’11 luglio di quest’anno ha definito starfucker (“scopatrice di star”) o di recente sui social “opportunista spudorata” e così via, giusto per dimostrare il suo ravvedimento.
Concludendo, ha ragione Morgan. Questo processo non andava fatto. Lui è un poeta, non si processano i poeti. Anzi, visto che si era appena liberato il posto, bisognava dargli il ministero della Cultura. In fondo, Sgarbi gli aveva promesso una nomina come consulente e poi la nomina era saltata all’ultimo, come alla povera Maria Rosaria Boccia. In fondo sarebbe bello che i due ingiustamente defenestrati dal ministero della Cultura – Boccia e Morgan – si incontrassero. Si frequentassero. Probabilmente al primo scazzo assisteremmo a una guerra cibernetica tale da spegnere i server di tutto il mondo.