Il Messaggero, 15 settembre 2024
La Minerva del Tuscolano
Roma regala infiniti e incomparabili scorci. Alcuni, sono magari un po’ i soliti: monumenti e chiese famosi; ma altri, perfino assolutamente insospettabili. Ad esempio, dagli ultimi piani del quartiere Tuscolano, sopra i tetti e tra la selva delle antenne televisive e delle parabole, si vede comparire una grande scultura di Minerva, la Pallade Atena dei Greci, il cui nome i romani mutano, con ogni probabilità grazie a un prestito dalla lingua etrusca. Figlia di Zeus, Giove, è più combattiva del suo omologo ateniese; però, resta sempre la divinità pure della sapienza e delle arti.Nella versione che si vede emergere dalle coperture del Tuscolano, si sostiene a un fascio e ha un elmo in testa: era anche la dea guerriera. Nella famosa Triade Capitolina, è raffigurata accanto agli altri due protettori di Roma, Giove e Giunone, con accanto ai piedi la civetta, il suo animale preferito. Qui, invece, ha in mano una sfera, e si regge su una pila di tre libri: il mondo, e la sapienza. Bisogna andare per il quartiere, alla ricerca di questa scultura. E si arriva a via Taranto, all’angolo con via Foligno. Un palazzo di tre piani, tra i primi esempi del razionalismo in Italia, che ora fa parte dell’Istituto d’istruzione superiore Piaget Diaz, ma un tempo è stato anche tra le più grandi scuole di Roma, e si chiamava già Duca d’Aosta. Ecco il palazzone a L, con la sua Minerva sopra la facciata: non è bella né famosa come quella di Arturo Martini davanti all’Università (che, si afferma, non va guardata prima di un esame a scanso di tonfi indicibili), ma pazienza: fa anche lei la sua figura.La situazione è però ingarbugliata: questo edificio, che è un Istituto professionale d’industria e artigianato, è una succursale del Piaget Diaz, ma conserva il nome del duca savoiardo Emanuele Filiberto, morto nel 1931 e sepolto a Redipuglia accanto ai suoi soldati della «invitta» III Armata. E Jean Piaget, defunto nel 1980, è stato un pedagogista e filosofo svizzero; Diaz, si sa, il generale Armando, vincitore della Prima guerra. La sede principale dell’istituto che a Roma ne reca i nomi, e non è vicino: è del 1990, e da 15 anni dopo, accorpa anche il Duca d’Aosta. Però, a pochissima distanza da qui, sempre a via Taranto ma una strada più oltre, angolo con via Orvieto, c’è invece l’Istituto comprensivo Marcello Mastroianni, che unisce due scuole primarie e una media, la quale ha, pure lei, curiosamente, il nome del Duca d’Aosta. Un bel guazzabuglio.
Comunque, l’edificio storico è all’angolo di via Foligno: ci sono ancora i filmati del duca Amedeo, figlio di Emanuele Filiberto, che lo inaugura nel 1931, con tanto di saluti romani. La sua storia inizia nel 1924, come scuola d’avviamento al lavoro: la Capitale chiedeva braccia. Nel 1931, diventa Istituto professionale: 40 aule, officine e laboratori. Dieci anni dopo, è una scuola tecnico industriale, con vari corsi d’addestramento alle professioni: meccanici, fotografi, e pure lezioni serali. La scuola media unificate nasce nel 1962, e da allora, è un’altra storia. Dentro, ancora tanti segni dei tempi: un busto del duca; corone d’alloro; aquile e lupe tipiche del regime.Pochi isolati lontano, un altro immobile, ancora più celebre: l’ufficio postale di Giuseppe Samonà a via Taranto 19. Nel 1932, a Roma ne sorgono quattro: a via Marmorata, piazza Bologna, qui, e a viale Mazzini. I primi tre sono campioni assoluti del razionalismo: uno stile che, coniato nel 1927, si prolungherà fino a fondersi in quello Littorio. La base è in marmo nero di Carrara; il resto, soprattutto in travertino. Samonà, palermitano, è vissuto fino al 1983: se ne è andato a 85 anni. Grande progettista, ha rifondato l’Istituto d’architettura a Venezia, lo Iuav, ed è stato anche senatore. Insomma, poco noto al Tuscolano c’è un bell’angolo del razionalismo italiano: uno stile da non dimenticare mai.