la Repubblica, 15 settembre 2024
Il contratto pre-sesso
Che tipo di contraccettivi? Sesso orale sì o no? E ildirty talk ? La Spagna si indigna, e si interroga, dopo la scoperta del contratto “pre-coito” che sempre più calciatori della Liga farebbero firmare alle ragazze per evitare false accuse di stupro. A dare notizia del modulo, arrivatogli da un calciatore straniero, è stato Miguel Galan, presidente della Scuola allenatori spagnola. Lo ha pubblicato sui social dopo l’arresto di Rafa Mir, l’attaccante del Valencia accusato di violenza da due ragazze. Risale solo a qualche mese fa la condanna per stupro dell’ex difensore del Barcellona Dani Alves, penultimo di una lista di calciatori accusati di violenza sessuale che, in Spagna, non è corta: proprio per questo si sarebbe diffusa l’idea del contratto preventivo per blindare il consenso delle partner potenziali. Il modulo è composto da vari punti, comprende il nome di chi accetta di partecipare al rapporto e la data in cui questo avviene. Vi sono elencate le pratiche previste: dalle parti del corpo che si possono toccare o baciare ai tipi di penetrazione accettati. Ma c’è di più, e qui lo scandalo: chi lo firma accetta l’ipotesi paventata nella sesta clausola, lo “stupro accidentale”. Vi si legge che «un uomo, muovendosi, potrebbe senza intenzione penetrare l’orifizio femminile anche se non compreso nel contratto».Un’aberrazione che finora nessun sexual agreement form e nessuna app avevano incluso. Sì, perché i moduli e le piattaforme nati per tutelare gli uomini da false accuse di stupro non sono certo un’invenzione degli spagnoli. Già nel 2004, sulla scia delle accuse di violenza al cestista dei Lakers Kobe Bryant, alcuni atleti confessarono ai magazine sportivi che ormai accettavano di fare sesso solo dopo che le loro partner sessuali avevano siglato gli “accordi di letto”. Passano dieci anni, è il 2015, quando emergono i dati sugli abusi nei campus statunitensi: subiscono aggressioni una ragazza su 5 e un ragazzo su 16. Per tamponare, un gruppo di attivisti che oggi non esiste più, l’ Affirmative Consent Project, distribuisce nei college un “kit del consenso” con tanto di penna per firmare i patti. La California a quel punto produce un modulo tutto suo, ancora reperibile online, e una legge che obbliga i college a obbligare gli studenti a firmarlo.Ma nell’età del digitale, sul tema fioccano anche le app. Già nel 2014 Apple ritirava dai suoi storeGood2Go, l’app inventata un mese prima da un’azienda di San Diego che consentiva agli utenti di dare il “consenso affermativo”, però comunicando all’app stessa con chi sarebbero andati, quando e se erano ubriachi. Nel 2018 una start up olandese inventava LegalFling. Poi ci sono state We-Consent, uConsent, Yes Means Yes, SaSie. Tutte dichiaratamente progettate per cristallizzare il momento del consenso, evitando incomprensioni e soprattutto processi penali. «Ogni giorno vengono mosse false accuse contro ragazzi innocenti», si legge sul sito dell’ennesima, Consent Amour. A gennaio 2021 in Danimarca, all’indomani della nuova legge sul reato di stupro, un team di sviluppatori in accordo col governo ha rilasciato iConsent: qui la stretta di mano avviene tramite i numeri di telefono e vale solo per un rapporto sessuale, solo per 24 ore. Ma a fine anno anche questa app governativa era già sparita dagli store digitali. Naufragata, come tutte, dopo l’impatto con la realtà: il consenso non è un negoziato da concludere, magari in fretta. È una conversazione che non termina mai.App e contratti virtuali o cartacei non hanno valore legale, e non dimostrano alcunché se non la «miseria umana», commenta Elvira Rutigliano, avvocato del centro antiviolenza Le Onde. «Non ha valore nemmeno tra le parti, figuriamoci se può entrare in tribunale», continua, «il consenso può essere revocato in qualsiasi fase o davanti a qualsiasi pratica introdotta o in corso: aver dato il benestare all’inizio non è una conferma perenne». E i calciatori spagnoli? Ogni Paese ha le sue leggi, «ma avendo ratificato la convenzione di Istanbul e con la legge del Solo sì es sìdel 2022, non vedo proprio come un contratto del genere potrebbe avere valore o senso». Elena Biaggioni, vicepresidente di Di.Re, Donne in rete contro la violenza, in questi pseudo strumenti di difesa vede solo manipolazione: «Sono il frutto di un pensiero discriminatorio e sessista, che vuole blindare un sì pronunciato prima di cambiare idea. Varrebbero zero in qualsiasi processo».