la Repubblica, 15 settembre 2024
In morte di Michaela DePrince, l’étoile nera che danzava per dimenticare la guerra
Apparteneva alla stirpe delle irriducibili, delle ostinate, delle donne che non rinunciano mai a lottare. Fin dalla più tenera età. Ed è così che è diventata, tra terribili avversità, un nome importante per il mondo della danza internazionale e per generazioni di ragazzine nere che sognavano di muovere i primi passi nel balletto classico. È morta venerdì, a soli 29 anni, per cause sconosciute, Michaela Mabinty DePrince, solista del Boston Ballet, una delle poche ballerina nere diventate star, applaudita in tutto il mondo, ma soprattutto una donna incredibile, esempio di forza e di ostinazione, una che ha attraversato una vita rischiosa, di dolori, ma ha sempre vinto.Sì, perché quella di Michaela Mabinty De-Prince è una vera storia di resistenza. Fin da bambina. Nata nella Sierra Leone devastata dai conflitti, resta orfana a soli tre anni: il padre ucciso dai ribelli del Fronte Unito Rivoluzionario, la madre per malattia. Passata sotto lo tutela di uno zio violento viene “venduta” ad un orfanotrofio dove subisce marginalizzazione e sevizie per via della vitiligine, la malattia della pelle che macchia di bianco braccia e gambe e secondo la superstizione locale è un segno del diavolo.«Eravamo classificate in base ai numeri. Il numero 27 era il meno amato ed era il mio, quindi ricevevo meno cibo, meno vestiti degli altri», ricorderà molti anni dopo nell’autobiografia “Ora so volare” (pubblicata da Mondadori) da cui Madonna avrebbe voluto realizzare un film, annunciato nel 2018.È lì in orfanotrofio, dove con la sorellina, per far passare il tempo, organizza balletti e musical, che la piccola Michaela vede in una rivista la foto di una ballerina, «la strappai, la infilai nelle mutande perché non avevo un posto dove conservarla», ricorda nel suo libro. In quella ballerina aveva visto il sogno di un futuro. Che si avvera quando una coppia di anziani signori americani con cinque figli a casa decide di adottarla. «Fino a quel momento, non consideravo la mia vita diversa da quella degli altri. Ero troppo assorbita dalla mia infanzia di orfana affamata, spaventata e tenacemente aggrappata alla vita e al sogno di diventare ballerina», raccontava. In Usa Michaela può finalmente studiare danza e ancora una volta tira fuori la propria forza, perché da nera non è facile emergere nel mondo del balletto classico, delle Gisele e dei “cigni bianchi”, dove le danzatrici di colore si contano sulle dita di una mano.Lei studia con tenacia, nella scuola “Jacqueline Kennedy Onassis” dell’American Ballet Theatre, partecipa giovanissima in tv a “Ballando con le stelle” americano, e inizia la carriera professionista al Dance Theatre of Harlem. Nel 2013 è per otto anni ad Amsterdam alla JuniorCompany del Dutch National Ballet e infine approda da solista al Boston Ballet.Diventata celebre, non disdegna collaborazioni più pop, come quando Beyoncè la sceglie per il suo video “Lemonade”.A un giornale americano aveva dichiarato che «nessuno nel mondo del balletto mi ha mai chiesto di nascondere con il trucco la vitiligine. Quando ero ragazzina, mia madre Elaine mi disse che le macchie in scena sembrano polvere di stelle. Mi ha fatto sentire bene con me stessa». Adesso il mondo della danza internazionale piange l’artista risoluta e audace nella sua tenacia, che ha saputo vincere su tutte le avversità, di essere una bianca in un mondo di neri quando era in Africa e una nera in un mondo di bianchi quando è diventata ballerina. I colleghi del Boston Ballet l’hanno ricordata commossi: «Siamo stati così fortunati a conoscerla; era una persona meravigliosa, una ballerina meravigliosa e ci mancherà molto». Lascia cinque sorelle e due fratelli che hanno chiesto, al posto dei fiori, di fare donazioni al War Child, un’organizzazione di cui Michaela era membro, che lavora per garantire ai bambini l’accesso a protezione, istruzione e supporto psicologico, forse proprio come riscatto su ciò che lei aveva dovuto passare.«È stata un faro di speranza per molti, dimostrando che, nonostante gli ostacoli, la bellezza e la grandezza possono emergere dai luoghi più oscuri», ha scritto la famiglia annunciando su Instagram la sua morte. «Michaela ha toccato così tante vite, in tutto il mondo». Anche la nostra.