Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 15 Domenica calendario

Salvini rinvia il Congresso della Lega

 Il video di replica, con il petto in fuori, per dire che lui «ha difeso la patria» lo aveva preparato ore prima della richiesta della procura di Palermo di condanna nei suoi confronti. Nel volto nessun cenno di tensione particolare, una serenità ostentata nonostante quel nero scuro tenebroso a fare da sfondo alla telecamera. Il messaggio sottinteso del set allestito da Matteo Salvini è chiaro: cavalcare la richiesta dei pm per fare la vittima. Non a caso il vicepremier ha detto ieri ai suoi «di mobilitarsi da qui al 18 ottobre», data dell’arringa della sua difesa guidata da Giulia Bongiorno: li vuole tutti a Palermo, a fare tifo da stadio davanti al Tribunale.Ma al di là dell’aspetto mediatico, le notizie da Palermo gli creano un problema di non poco conto rispetto ai suoi piani. Il ministro delle Infrastrutture non è per nulla sereno. Ha accolto la notizia nella sua casa di Milano e tra le prime telefonate di «solidarietà» ha ricevuto quella della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Ma chi lo ha sentito fuori dai convenevoli ha avuto modo di ascoltare un Matteo nervoso. Non tanto per il rischio di condanna, non è questo che lo preoccupa oggi: «I tempi della giustizia sono lunghi tra appello e Cassazione», ragiona un suo fedelissimo. Quello che preoccupa il segretario della Lega è il momento particolare nel quale arriva la richiesta della procura: dal suo punto di vista, sarebbe stato il migliore da due anni a questa parte. L’obiettivo è ritagliarsi spazi a discapito di una premier mai come oggi in difficoltà per le vicende che coinvolgono i suoi ministri, da Gennaro Sangiuliano all’ex cognato Francesco Lollobrigida. Meloni alle prese con una manovra economica che non consente margini per concedere quel che gli alleati richiedono: in primis, quelle della stessa Lega sulle pensioni. «Il dire “non si può fare” spetta alla premier mica a lui», ragionano in via Bellerio.In questo scenario Salvini sperava di emergere insieme alla sua squadra: «I nostri ministri e sottosegretari si stanno dimostrando i migliori, su questo fronte siamo tranquilli», diceva nei giorni scorsi a un gruppo ristretto di leghisti.Un piano che rischia però di essere messo in difficoltà dalla richiesta di condanna arrivata dalla procura di Palermo.Una condanna, anche se in primo grado (la sentenza arriverà entro l’anno), lo metterebbe in difficoltà non solo nei rapporti con Meloni ma anche negli equilibri interni alla Lega. Nel peggiore degli incubi salviniani si staglia una possibile richiesta di cambio al vertice che parta dalla base. Non a caso il ministro ha annunciato ai suoi che il congresso federale, il primo da sette anni, che aveva fissato «entro l’anno», slitterà al 2025. Annuncio fatto nel Consiglio di tre giorni fa, in cui non a caso sono stati designati due nuovi vicesegretari, il fedelissimo veneto Alberto Stefani e il luogotenente del “Capitano” al Sud, Claudio Durigon, al posto di Giancarlo Giorgetti e Lorenzo Fontana. Nomine varate in fretta per blindarsi ed evitare di scoprirsi sul fronte interno, in vista di mesi complicati tra le beghe giudiziarie e l’ascesa di Roberto Vannacci, che la prossima settimana allestirà la sua prima kermersse personale, a Viterbo. Salvini prepara invece la sua prova di forza al raduno di Pontida, al quale ha invitato Viktor Orban e Marine Le Pen, sperando in una improbabile apparizione di Umberto Bossi per rincuorare la vecchia guarda leghista. Mentre per rassicurare i dirigenti che continuano a invocare una conta, da mesi il vicepremier ha acconsentito che i congressi regionali si celebrino comunque entro Natale. In ballo c’è soprattutto la guida del partito in Lombardia, cuore pulsante (con il Veneto) del leghismo. In pista da mesi il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, big leghista della prima ora a cui però potrebbe opporsi un salviniano di ferro, Andrea Crippa, vicesegretario nazionale. In alternativa, Luca Toccalini, a capo della giovanile. Ancora, l’ultimo nome che rimbalza nelle chat del Carroccio è quello dell’ex deputato Davide Caparini, oggi presidente della Commissione Bilancio al Pirellone. Se si andasse a una conta ruvida fra lumbard, sarebbe davvero un antipasto della sfida nazionale. Per ora nessuno ha reso pubblico l’intento di sfidare il leader. Al momento, appunto.