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 2024  settembre 14 Sabato calendario

Intervista a Vanessa Benelli Mosell

«Ho già suonato alla Scala, per MiTo; ma mai avrei immaginato di debuttare per la stagione del teatro assieme a Roberto Bolle. Ovviamente ne sono entusiasta». A tal punto da procrastinare il viaggio di nozze: a luglio si è sposata col violinista tedesco Wolfgang Redik, ma la luna di miele «sarà in primavera, in un Paese esotico; prima la Scala».
Dal 25 settembre Vanessa Benelli Mosell sarà in buca assieme alla Filarmonica della Scala e sul palco sola col suo pianoforte per accompagnare «La Dame aux camélias» di John Neumeier con le note di Chopin, autore cui ha appena dedicato il suo nono disco inciso per la Decca. Però il sogno della trentasettenne di Prato, un trascorso da enfant prodige che stregò addirittura Stockhausen e l’ha portata a suonare con l’Orchestre National de France, la Royal e la London Philharmonic, è quello di tornare al Piermarini con la bacchetta in mano: dal 2018 ha intrapreso la carriera da direttrice («non mi chiami direttore!»), già segnata da importanti tappe sui podi di Santa Cecilia, della Sinfonica di Lipsia e della Wiener Kammerorchester.
Perché ha voluto cimentarsi anche nella direzione?
«L’ho sempre voluto; se ho aspettato i 30 anni è perché gli impegni pianistici non mi lasciavano tempo per dedicarmici seriamente».
Ha già diretto tante orchestre importanti.
«Ma fremo, ho fretta. Come pianista suono con orchestre da quando avevo 9 anni, sono abituata a bruciare le tappe».
Come ha vissuto quei momenti?
«A 10-11 anni mi sentivo un po’ esclusa dai miei coetanei, per loro ero strana: mi assentavo per i concerti, ero immersa nella classica… Però non mi pesava: quella vita parallela mi piaceva. La prima volta che mi sentii parte di una comunità fu al Conservatorio di Mosca: ci andai a vent’anni, si parlava solo russo e all’inizio ero totalmente sola; in quattro anni ho imparato la lingua e intessuto rapporti splendidi, quando finii ero dispiaciuta fino alle lacrime».
Stockhausen la invitò dopo averla ascoltata nei suoi Klavierstucke.
«Mi aprì un mondo, ad esempio sull’essenza del suono. Tutti curano l’attacco del suono, pochi come esso si sviluppa e si conclude. Insegnamenti che mi sono fondamentali sul podio».
Nelle copertine di dischi e riviste appare sempre elegante e curatissima: è la regola del business per chi come lei è giovane e bella?
«Non lo vivo come un dazio da pagare: io sono così, mi piacere curare il look anche se devo uscire a fare commissioni o imbarcarmi su un aereo. E non lo vivo come un aspetto sessista: sempre più anche ai musicisti maschi viene chiesto di apparire su dischi o riviste eleganti e curati».
La storia musicale è piena di grandi pianiste, non altrettanto di direttrici. Da pianista-direttrice, pensa ci siano più barriere per le donne direttrici rispetto alle donne che suonano uno strumento?
«Certamente! Perché quello del solista non è un ruolo di potere, sul podio decidi tu come ottanta persone devono suonare. Questo, in musica, è potere; c’è una tradizione plurisecolare maschilista, diciamo anche patriarcale, per cui questo ruolo è istintivamente pensato come maschile».
Eppure, limitandoci all’Italia, ci siete lei, Speranza Scappucci, Beatrice Venezi...
«Mi ha fatto tre nomi, riuscirebbe a farne altri? Io gliene potrei fare decine tra gli uomini. Siamo l’eccezione che conferma la regola. E il fatto che si parli tanto di noi fa capire quanto sia ancora rara una donna sul podio. Eppure, quando frequentavo i corsi di direzione vedevo tanti maschi molto timidi, che faticavano a trascinare l’orchestra; quel che dovrebbe contare è sapere esattamente che cosa ottenere e come; ma temo ci vorrà ancora tanto perché diventi un fatto abituale».
Sogni come pianista e direttrice?
«Vorrei suonare il primo Concerto di Ciajkovskij con i Wiener o Berliner, diretta da Thielemann o Barenboim; e dirigere Pagliacci e Cavalleria rusticana alla Scala».
Tornando alla Scala e a Bolle: non sarebbe un sogno fare qualche passo di danza con lui? Magari, dopo le prove…
«Non oserei mai! Ho fatto danza solo qualche mese, poi non ci stavo col tempo, tra pianoforte, violino e coro».
Ma se le chiedesse di dirigerlo in un balletto?
«A che ora inizia la prima prova?»