Corriere della Sera, 15 settembre 2024
François Ruffin attacca senza pietà Melenchon
Alla festa dell’Humanité, nell’ex base aerea BA217 a Sud di Parigi, la sinistra francese cerca una strategia a breve termine – invocando una poco probabile destituzione di Macron – e anche una linea politica per i prossimi mesi e anni, quando ci sarà da provare a riconquistare l’Eliseo. Ed è qui che la lotta si fa già feroce, con lo spettacolare regolamento di conti tra il 48enne François Ruffin, in rotta con i vertici della France Insoumise, e il fondatore del partito, Jean-Luc Mélenchon, 73 anni e il sogno mai abbandonato di diventare presidente della Repubblica.
Nel suo libro uscito pochi giorni fa, Ruffin attacca senza pietà Mélenchon: dispotico, cinico, falsamente vicino al popolo ma in realtà snob e sprezzante. In particolare, Ruffin rivela le frasi terribili che Mélenchon pronunciava sugli elettori appena incontrati in un’importante e fallimentare campagna elettorale.
Nel 2012 Mélenchon finì quarto nella corsa all’Eliseo, battuto da Hollande, Sarkozy e anche da Marine Le Pen. L’ex ministro di Mitterrand diventato avversario dei socialisti e paladino della sinistra radicale decise di prendersi la rivincita alle elezioni politiche successive, sfidando la leader dell’allora Front national (poi Rassemblement) a Hénin-Beaumont, nel Pas-de-Calais.
Quella cittadina nel Nord depresso e de-industrializzato, abbandonata dalle élite e quindi tentata del populismo, nelle intenzioni di Mélenchon avrebbe dovuto diventare il simbolo della riconquista della sinistra. Solo che tra Mélenchon e gli abitanti di Hénin-Beaumont le cose non funzionarono, e Mélenchon già prima del voto se ne lamentava con i colleghi di partito, tra i quali Ruffin.
«Quando mi raccontava di Hénin era al limite del disgusto – scrive adesso Ruffin —. Diceva che non capiva niente di quel che dicevano... Sapevano di alcol già dal mattino... Erano malodoranti... Quasi tutti obesi... Mi faceva stare male, perché erano persone anche delle mie parti (Hénin è poco lontana da Amiens, città natale di Ruffin e anche di Macron, ndr)». Finì che Mélenchon venne eliminato al primo turno da una trionfante Marine Le Pen, che da allora ha fatto di Hénin-Beaumont il simbolo, invece, della forza del RN proprio tra quelle classi popolari disdegnate dalla sinistra.
Non è la prima volta che una vendetta nella gauche si consuma riportando vecchie frasi imbarazzanti: Valérie Trierweiler, per esempio, dopo il tradimento riportò la definizione «gli sdentati» affibbiata da Hollande ai cittadini più modesti. Ma le accuse di Ruffin a Mélenchon fanno ancora più male, perché il leader della France Insoumise è sempre stato in prima linea nel predicare un riabbraccio alle classi popolari che, a quanto pare, neanche a lui sembrano piacere molto. I suoi fedelissimi si scagliano contro Ruffin: «traditore», «archetipo del politicante», «fantasma di Doriot (il comunista che finì per collaborare con i nazisti), «bugiardo».
Marine Le Pen sorride delle disavventure del suo ex rivale a Hénin-Beaumont e si prepara per il voto: le presidenziali nel 2027 o anche prima se Macron fosse costretto a dimettersi, oppure le politiche «da convocare di nuovo entro un anno al massimo».