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 2024  settembre 14 Sabato calendario

Come fermare la crisi demografica

Roma Detrazioni fiscali o assegno unico rinforzato. Bonus bebè e nuovi asili nido. Congedi parentali retribuiti per entrambi i genitori e più lunghi (fino a 10 giorni) per i papà. Ma anche bonus per chi assume lavoratrici madri e più tempo pieno nelle scuole. O aiuti economici per giovani che acquistano la prima casa. Per favorire la natalità in Italia ogni governo prova a trovare la sua ricetta. Ma qualcosa non funziona se a fine 2023 sono nati solo 379 mila bambini (meno 3,6% rispetto al 2022); se il baby boom del 1964 con il record di 1.035.207 nati sembra un altro mondo; se l’età media delle donne italiane al primo figlio è di quasi 32 anni (31,6) contro i 29,7 della media Ue e se in Italia il numero medio di figli per donna è 1,20 (il minimo storico di 1,19 è del 1995) contro la media Ue di 1,46. E l’andamento dei primi 6 mesi del 2024, registra l’Istat, sta lì a certificare un’ennesima discesa verso il basso: solo 178 mila nuovi nati, pari a meno 1,4% rispetto al primo semestre 2023. L’Istat stima quindi che a fine anno i nuovi nati si fermeranno a 374 mila bambini. Meno che nel 2023.
«C’è un inverno demografico – dice Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità e organizzatore degli Stati generali della Natalità —, dove la natalità resta il convitato di pietra e molti governi sembra abbiano perso la speranza, ma ogni giorno che passa non lo recuperi più: rischia di crollare il sistema sanitario, quello pensionistico, quello dell’istruzione». Visione apocalittica? Evidentemente no se fin dall’inizio del suo mandato Giorgia Meloni ha indicato nella natalità «una priorità assoluta del governo» e se il lavoro sulla prossima manovra economica parte proprio dagli interventi per le famiglie. Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti l’argomento è di tale importanza da ipotizzare una tassazione più leggera per chi ha figli, come ha spiegato al Foglio. Perché «la denatalità non è un problema sociale ma un dramma economico: un’emergenza sociale che mette a rischio il sistema sociale, a partire dalle pensioni». Per intervenire sulla detassazione, ha stimato, servirebbero almeno 6 miliardi di euro. «Serve qualcosa di impattante – risponde De Palo —, andrebbe dedicata una legge di Bilancio solo a questo e dovrebbe diventare una priorità di tutti, governo, opposizioni e società civile». Da tempo propone un’Agenzia per la natalità.
Dramma economico
Giorgetti: la denatalità non è un problema sociale ma un dramma economico
Ma non c’è una soluzione. Anzi, una sola non è sufficiente. Perché «la natalità è solo una parte della questione demografica», ragiona Francesco Billari, professore di Demografia, rettore dell’Università Bocconi e autore di Domani è oggi (Egea), prezioso saggio su come governare i cambiamenti demografici. «Ciò che succede alle nascite oggi – dice – avrà impatto nei prossimi decenni, ma ci sono altri fenomeni demografici, come l’immigrazione e l’integrazione, che avranno impatti più a breve termine: tutto questo va governato attraverso politiche non solo orientate al momento ma con prospettive di lungo periodo». Quindi, «bene che la natalità sia al centro dell’attenzione, ma deve diventare un dibattito che porti a un’impostazione stabile e a una continuità capaci di dare sicurezza, anziché ridursi a interventi a breve termine». Il punto, riflette Billari, non è spingere a fare figli ma a «diventare genitori, favorendo un sistema di politiche coerenti che comprenda tante misure insieme che creino un ecosistema stabile e certo fatto di aiuti economici (per le famiglie più povere) e benefici fiscali (per il ceto medio), ma anche politiche di conciliazione famiglia-lavoro con congedi di paternità, nidi e scuole a tempo pieno». Dare sicurezze, questo aiuterebbe, anche secondo Alessandro Rosina, ordinario di Demografia alla Cattolica di Milano: «L’incertezza frena le nuove generazioni: lavori precari, salari bassi, alti costi per la casa non spingono a diventare genitori, e infatti abbiamo l’età media più alta per il primo figlio». E dopo il primo «è ancora più difficile: all’incertezza si aggiungono i problemi di conciliare vita e lavoro». Serve dare fiducia con misure stabili: «Anno dopo anno si ragiona su singoli interventi senza un orizzonte generazionale, ma un sistema coerente di politiche con misure da monitorare per vedere se funzionano darebbe fiducia alle persone e possibilità di scegliere». Anche di diventare genitori.