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 2024  settembre 14 Sabato calendario

L’ultimo j’accuse di Christian Raimo

Non che gli manchi l’autoironia. Sulle Figuracce ci ha anche scritto un libro in cooperativa. E lì racconta di una serata a New York, accompagnata dalla stitichezza, la cui «soluzione», dalle dimensioni abnormi, sarà affrontata dallo scrittore statunitense David Foster Wallace, che con Christian Raimo ha condiviso la festa e un bagno intasato. Insomma, quella che si usa definire una figura di merda. Sì alla libertà di parola, prima di tutto. E per fortuna non abbiamo leggi contro le figuracce, le iperboli, e nemmeno, non più di tanto, contro gli insulti e le offese. Anche se, magari, non pare di buon gusto farne un’abitudine.
Raimo Christian, anni 49, da Roma, insegnante di italiano, traduttore, scrittore. Frequentazioni con il cinema, la radio, la televisione. E anche cabarettista, con un gruppo che si chiama «I cavalieri del Tiè». Per tre anni assessore alla Cultura del Municipio Roma III, tra i papabili a diventare assessore alla Cultura a Roma nella giunta di Virginia Raggi, un’avventura alle elezioni europee con l’Alleanza verdi e Sinistra senza essere eletto. Ma soprattutto rivoluzionario professionale, perché noi che fummo educati alla gentilezza, noi no, non potemmo essere gentili. E poi, ormai è assodato, la rivoluzione non è mica un pranzo di gala.
L’ultimo j’accuse è contro il ministro della scuola, Giuseppe Valditara. Che è «classista, sessista e razzista, campione di cialtronaggine». Ma soprattutto è un «bersaglio debole, da colpire come si colpisce la Morte Nera». E, dopo l’apriti cielo per l’invito violento, l’arguta replica: «Era chiaramente una metafora, visto che non conosco nessuno con un Falcon». E va bene. Ma poi uno si dice: se per caso, al bar di Guerre stellari, ne incontri uno che ce l’ha, un Falcon, che fai? Magari la tentazione ti viene?
Cambia la scena, stavolta siamo in tv, dove metterci il carico gli viene quasi naturale. Si parla della vicenda giudiziaria di Ilaria Salis e Raimo scomoda pure Sacco e Vanzetti per dire che sì, «i neonazisti vanno picchiati». E pare pure di capire, pur spezzettato dalle interruzioni, che pensa sia giusto insegnarlo agli studenti. Diciamoci la verità, sa pure di lite tra coatti nel traffico: «Scendi! Che quelli come te bisogna gonfiarli di botte in mezzo alla strada!». Ma è improbabile che il nazismo in Europa e nel mondo sia stato fermato da una banda di coatti. E quindi non rimane che il senso di un invito parolaio alla violenza. E può darsi che, mentre uno sta in tv e l’altro lo guarda dal divano, ci siano altri ancora che alla fine si fanno male. Per quelle parole Raimo ha subito una sanzione disciplinare. Discutibile magari, come tutte le sanzioni che riguardano le opinioni, anche quelle estreme, sostengono alcuni. Ma certo fa strano che Raimo, invece di offrire il petto per ribellarsi all’ingiusta repressione si sia affrettato a dire di aver parlato da scrittore e non da insegnante.
Ancora. «Non bisogna trasformare la storia in una faida di vendette incrociate». Dove si firma? Finalmente un po’ di buon senso pare. Ma poi eccolo Christian col ci acca: «Ho firmato anni fa un appello per la liberazione di Cesare Battisti. Non ho mai festeggiato per la galera a qualcuno». E ancora sì, va bene, mettiamoci pure il discorso della Montagna: «Non giudicate e non sarete giudicati». Anche se un po’ sorprende che la Buona novella spunti fuori solo per Battisti. Un po’ di autocritica per quella firma no? François Mitterrand è stato sicuramente un gigante, ma si può dire che non le ha azzeccate proprio tutte? La dottrina Mitterrand sui terroristi, per esempio. Sono quattro gli omicidi per i quali Battisti è stato condannato: il maresciallo Antonio Santoro, il commerciante Lino Sabbadin, l’agente della Digos Andrea Campagna, l’orefice Pierluigi Torregiani. Suo figlio Alberto vive da allora paralizzato su una sedia a rotelle.
Ma è anche spiritoso, Christian. Per la sfortunata candidatura alle Europee dell’8 e 9 giugno, aveva anche partorito un santino elettorale con la sua foto a fianco della scritta: «La lotta, amata», rigorosamente senza la erre, con sotto un cuore.
Si gioca, si ammicca, che male si fa? Del resto, si dice che ci sia della vanità anche nello svolazzare dei passeri da un filo all’altro dell’alta tensione.