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 2024  settembre 14 Sabato calendario

Mario Draghi da Marina B.

ROMA L’incontro è avvenuto mercoledì scorso, nell’abitazione di Marina Berlusconi, in Corso Venezia, a Milano. L’imprenditrice e Mario Draghi, secondo quanto comunicato dagli uffici della presidente di Fininvest, si sono visti per uno scambio di vedute programmato da tempo, «oltre che per un’occasione di conoscenza reciproca», visto che entrambi negli anni non hanno mai avuto modo di sviluppare una consuetudine di rapporti. Sono bastati questi pochi dati di cronaca, ieri pomeriggio, insieme al dettaglio non indifferente che al faccia a faccia era presente anche Gianni Letta, storico braccio destro di Berlusconi, nonché da tanti anni anche una sorta di trait d’union fra il gruppo fondato dall’ex premier e la politica romana, per scatenare molteplici domande, interrogativi tipici dei retroscena e un pizzico di malizia sui possibili scopi di un confronto di questo tipo.
Negli ultimi mesi alcuni osservatori hanno accreditato una distanza politica e più di un’acredine fra i vertici del gruppo Berlusconi, guidato da Marina e Pier Silvio, e Palazzo Chigi. Sono state pubblicate, e sempre smentite, varie ricostruzioni, su frizioni e incomprensioni fra la figlia dell’ex Cavaliere e Giorgia Meloni, che da parte sua ha invece sempre rimarcato di stimare entrambi gli imprenditori e di avere con loro buoni rapporti. E ovviamente anche questa volta non mancheranno valutazioni discordanti e retroscena sulla decisione di vedersi prima dell’incontro che Draghi avrà nei prossimi giorni proprio con Meloni, che magari andranno al di là del contesto di un incontro di conoscenza e cortesia, in una fase sicuramente delicata dal punto di vista politico ed economico, sia sul piano interno che internazionale.
A Palazzo Chigi ovviamente non interessa entrare in questo perimetro, Giorgia Meloni sta preparando la legge finanziaria, vedrà lunedì prossimo il primo ministro britannico a Roma, pochi giorni dopo sarà al vertice dell’Onu a New York. È molto soddisfatta dei sondaggi sul consenso che gli italiani continuano a dare al suo partito. Mentre il Pd avrebbe perso oltre un punto. E sul tavolo della premier c’è anche il dossier che riguarda i futuri assetti del governo, con in cima la sostituzione di Raffaele Fitto, candidato ad un posto da commissario e vicepresidente della Commissione Ue. Su quest’ultimo dossier è ancora prematuro fare più di qualche ipotesi, sia perché l’audizione di Fitto di fronte al Parlamento di Strasburgo sarà fra non meno di un mese, dunque anche per ragioni di scaramanzia, sia perché Meloni non ha ancora deciso nulla di definitivo.
Il fatto che al governo manchino due posti di sottosegretario (dopo le dimissioni di Montaruli e Sgarbi), consente a Meloni un ampio margine di manovra, permettendole di procedere a una sorta di «rimpasto» senza dover ricorrere a un nuovo voto di fiducia. Le deleghe di Fitto alla fine potrebbero infatti andare ad un nuovo ministro (quella forse di maggior peso, il Pnrr), mentre gli Affari europei e il Sud potrebbero essere assegnati a due nuovi sottosegretari. Ipotesi, visto che molto dipenderà anche dalle scelte delle persone: con Fitto ad esempio la premier ha un rapporto di totale fiducia, e a Bruxelles il politico pugliese in questi anni ha svolto un ruolo non solo tecnico, ma anche politico a tutto tondo, prima e dopo i Consigli europei, con una consuetudine di confronto non indifferente con il gabinetto di von der Leyen, cosa che potrebbe cambiare se la premier nominasse un esponente di natura diversa. Il pd Vincenzo Amendola per esempio ha avuto per due volte la delega agli Affari europei, ma con Giuseppe Conte premier era ministro, con Mario Draghi era sottosegretario. Un quadro che ha ancora troppe variabili.