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 2024  settembre 14 Sabato calendario

Quei lanci a lunga gittata: il dilemma della Nato

La Russia non vuole proprio far da bersaglio ai missili a lunga gittata occidentali. E, per il momento, la Casa Bianca «non intende cambiare la sua politica» su quel tipo di arma. L’intervento di giovedì del presidente russo Vladimir Putin ha ottenuto l’effetto desiderato. Se i missili Atacms e Storm Shadow verranno concessi all’Ucraina, aveva detto lo zar, sarà come se «la stessa Nato fosse in guerra contro di noi». «Ogni esperto militare russo o occidentale può confermarlo». Falso, non c’è unanimità sul tema. Il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore della Difesa italiana, ad esempio, non è d’accordo con Putin.
«Per impostare il piano di volo dei missili non serve un corso universitario né essere occidentale. Bastano degli ucraini con due mesi di addestramento». Eppure Putin è stato preciso: i missili a lungo raggio con cui l’Ucraina vorrebbe colpire la Russia hanno bisogno di satelliti per arrivare a bersaglio e siccome Kiev non ne ha dovrebbe usare quelli della Nato.
Satelliti nazionali
«C’è quanto meno un equivoco – contesta Camporini –. I satelliti non sono dell’Alleanza Atlantica, ma rigorosamente nazionali. Così come nazionali sono i soldati che impostano il piano di volo sui missili. Ciascuno appartiene alla propria catena di comando. La Nato ha senz’altro discusso se concedere o meno l’uso dei missili su territorio russo, ma ha deciso di non dare il via libera agli ucraini. Ciò non toglie che qualche Paese membro possa autonomamente decidere di farlo. E ciò non coinvolgerebbe l’intera Alleanza Atlantica». La Nato decide sul principio del consenso (che è quasi uguale all’unanimità). Tranne che in caso di aggressione (art. 5) si può andare in ordine sparso. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani si è infatti subito distanziato dall’ipotesi missili, prima di conoscere la decisione di Washington: «L’Italia non ha autorizzato l’utilizzo di materiale militare al di fuori dei confini dell’Ucraina». Così anche, sempre ieri, il segretario generale Nato Jens Stoltenberg: «Non vogliamo essere parte del conflitto». L’occasione era la richiesta del presidente Zelensky di abbattere gli ordigni russi che volano sull’Ucraina con i caccia dell’Alleanza. No, i piloti Nato non colpiranno i missili russi in Ucraina, solo se passeranno il confine dell’Alleanza.
Aggressione
Il presidente russo ha fatto capire che missili occidentali, guidati da satelliti occidentali su obbiettivi in Russia, sarebbero stati un’aggressione. La minaccia di «adeguate contromisure» ha fatto pensare alla Terza Guerra Mondiale. «Non discuto il messaggio politico – spiega Camporini —, quello serve a dividere l’opinione pubblica occidentale così come le altre misure di guerra informativa che la Russia persegue. Ma tecnicamente il ragionamento non sta in piedi. Putin ha annesso per referendum regioni occupate dell’Ucraina. Per la loro legge sono territorio patrio a tutti gli effetti eppure su quelle province cadono regolarmente Atacms e Storm Shadow da mesi. Quindi che differenza ci sarebbe?».
Sull’uso dei satelliti, anche in questo caso Camporini smentisce Putin. «I missili a lungo raggio hanno diversi sistemi di navigazione, ma il principale è lo stesso Gps del navigatore sulla nostra auto. Lo usano gli Atacms, gli Storm Shadow così come le armi russe. Quanto ai dati di “intelligence”, è dall’inizio della guerra che gli ucraini dispongono delle informazioni sulle retrovie russe. Non ci sarebbe alcuna novità».
Game Changer
Missili Atacms, Storm Shadow ed eventualmente i Jassm da attaccare sotto le ali dei caccia F16 sono tutti ordigni che possono arrivare a 300 chilometri con un ottimo grado di precisione. Sarebbero decisivi per liberare l’Ucraina? Il segretario alla Difesa Usa Austin si era opposto al via libera sul territorio russo dicendo che Mosca aveva già spostato gli aerei dal loro raggio d’azione. Secondo alcune voci non sarebbero determinanti (game changer) perché l’Occidente non ne ha abbastanza per indebolire seriamente la rete logistica russa. I bersagli individuati (250) non piegherebbero l’Armata putiniana. «Sicuramente però – sostiene Camporini – contribuirebbero a ridurre la capacità russa di attaccare il territorio ucraino. Poi sul lungo periodo sarebbe da vedere». Al momento, però, non se ne fa nulla.