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 2024  settembre 13 Venerdì calendario

Il nostro mare? 338 miliardi di scambi

Non solo un mare, ma «un susseguirsi di mari», come ci ha insegnato lo storico Fernand Braudel. Il Mediterraneo non ha mai smesso di essere un nodo cruciale per gli equilibri politici ed economici. Nonostante le tensioni, i condizionamenti che derivano dai conflitti bellici in corso, il «Mare nostrum» degli antichi romani rappresenta una spinta alla crescita per l’Italia. Da lì, infatti, transitano 338 miliardi di import-export.
Il sistema
«L’economia marittima fornisce supporto all’internazionalizzazione delle nostre imprese, circa un terzo dell’import-export italiano si muove via nave e i nostri porti spostano ogni anno circa mezzo miliardo di tonnellate di merci e oltre 70 milioni di passeggeri, valori che mostrano come portualità e logistica siano ormai un driver di primaria importanza per il nostro Paese», evidenzia Massimo Deandreis, direttore generale Srm, centro studi collegato a Intesa Sanpaolo. «L’Italia parte dal vantaggio dato dal suo posizionamento geografico. Inoltre abbiamo un forte sistema portuale e armatori di eccellenza specialmente del segmento dello Short Sea Shipping. Questi elementi ci consentono di cogliere due tipi di opportunità: fare dei porti degli hub energetici capaci di accompagnare la transizione green ma anche utilizzare il posizionamento della nostra portualità per intercettare nuovi investimenti», prosegue Deandreis. L’accorciamento di alcune catene produttive e il riavvicinamento ai mercati europei rappresentano un’opportunità per il nostro Paese, in cui il settore del Ro-Ro (trasporto via mare di tir e rotabili) negli ultimi 10 anni è cresciuto del 42%.
Competitività
Buona parte della partita si gioca sulla competitività della rete portuale nazionale che ha di fronte a sé diverse sfide da superare, evidenzia Enrico Musso, ordinario di Economia applicata all’Università di Genova e direttore del Centro italiano di eccellenza sulla logistica, i trasporti e le infrastrutture: «Penso all’eccesso di burocrazia, all’ingerenza politico-partitica in particolare nelle nomine dei presidenti e dei segretari generali, alla lentezza dei processi decisionali, alla mancanza di autonomia finanziaria dei porti. E ancora: la necessità di nuove opere, quali dighe foranee e dragaggi dei fondali, atte ad accogliere le navi di maggiori dimensioni; le difficili connessioni con le reti terrestri; la tardiva digitalizzazione delle attività; la lenta elettrificazione delle banchine».
Sfide politiche
«Il Pnrr rappresenta una preziosa opportunità per finanziare l’ammodernamento delle infrastrutture portuali», ricorda il ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci: «Molti progetti stanno andando avanti nel rispetto delle tempistiche fissate dall’Ue, ma ci auguriamo che a Bruxelles prevalga la razionalità nel prorogare di almeno un anno le scadenze previste», dice il ministro. «Per avviare una politica marittima unitaria e strategica il governo ha costituito il Comitato interministeriale per le politiche del mare (Cipom) che ha già varato il Piano del mare, primo vero strumento di coordinamento e programmazione», aggiunge. Il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo si gioca anche in relazione al rapporto con la sponda Sud. «Resto convinto che l’Italia potrà contare nell’economia mondiale solo se riesce a mantenere un protagonismo, che passa anche dalla costruzione di un rapporto di cooperazione economica con l’Africa – sottolinea Musumeci —. Da questo punto di vista il Piano Mattei affida al nostro Paese un ruolo importante, quello stesso ruolo che negli ultimi trent’anni l’Europa non è stata in grado di svolgere, lasciando spazio alla Cina e alla Russia».
Le previsioni
A pesare sulla stabilità del Mediterraneo sono soprattutto i fattori di incertezza derivanti dalle crisi in atto. Le tensioni in Medio Oriente, con gli attacchi Houthi nel Mar Rosso, hanno dimezzato il traffico nel Canale di Suez, con un calo dei passaggi che al 3 settembre segnava -49% sullo scorso anno e che scende al -70% per le navi portacontainer, secondo le stime Srm. Le deviazioni delle navi verso il Capo di Buona Speranza continuano ad avere effetti negativi sulle supply chain a livello globale. Nonostante questo, le previsioni di crescita per il Mediterraneo sono buone con una stima di aumento dei traffici marittimi di circa il 3% medio annuo fino al 2028 contro il 2,5% stimato per la media mondiale.