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 2024  settembre 13 Venerdì calendario

Piccole manie e grandi fobie di scrittori, registi e filosofi

Troppo facile cadere nella tentazione di giudicare “un po’ strano”, chiunque sia dotato di una forte immaginazione. Secondo alcuni addirittura pazzoide, per la serie “tutti i geni sono matti”. Facile alibi per chi non riesce a spiccare il volo dal suolo della banalità, e ferocemente invidioso vorrebbe ridurre un creativo alla miseranda vita di un verme, affaticato nello strisciare. A contrastare tale ottusa convinzione, ecco il viaggio nella mente di un saggio inedito che sfida le regole ribaltando i concetti: é la cosiddetta normalità a rappresentare un pregiudizio, perché frutto di vari strati di esperienze ripetitive. La genialità ti esplode nel cervello, perché la nostra testa, a volte, prende l’iniziativa d’istinto, e comincia a creare, senza che tu le abbia suggerito nulla.
Tesi paradossale? No, è l’ironica (e geniale) provocazione della scrittrice madrilena Rosa Montero, con il suo saggio Il pericolo di essere sana di mente (Ponte alle Grazie, euro 20, pag.305), in uscita oggi (la presentazone a Pordenonelegge giovedì 19 settembre). Nell’esergo un concetto di Shakespeare: «È un vero peccato che i pazzi non possano parlar saggiamente di ciò che gli uomini saggi fanno pazzamente». Affermazione di un genio che porta all’interrogativo-guida del libro: esiste un legame tra il processo creativo e l’instabilità mentale? I geni sono per natura predisposti a soffrire?

STRAVAGANTI
E qui si introduce il rapporto tra creatività e stravaganza, l’ipotesi che la creazione abbia qualcosa a che fare con l’allucinazione, la correlazione tra l’essere un artista e la tendenza allo squilibrio mentale. Montero parte con il gioco lieve, ironico, farà seguire quasi a sorpresa, di rimbalzo, poderosi contraccolpi, a base di citazioni letterarie, saggi di psicologia e neuroscienze.
Alcuni dei nomi entrati nella storia, con le loro piccole grandi follie: aneddoti succosi sulle stranezze del comportamento, Kafka masticava ogni boccone trentadue volte e faceva ginnastica nudo con la finestra aperta (a quanto pare i suoi polmoni non gradirono), Agatha Christie scriveva nella vasca da bagno, Alfred Hitchcock temeva le uova, proprio come fossero entità viventi, Marcel Proust un giorno si mise a letto senza più alzarsi, Jean-Jacques Rousseau era masochista, Friedrich Schiller metteva mele guaste nel cassetto della scrivania. E poi, aldilà del gioco (tra il serio e il faceto, come suol dirsi, perché così è la vita) Montero inizia a raccontare le sue paure, di quando bambina non riusciva ad addormentarsi temendo una crisi di sonnambulismo e quindi, senza rendersene conto, di andare a leccare un paiolo di rame che lei riteneva velenoso e quindi chiedeva alla mamma di nasconderlo. Poi, crescendo, sono arrivati gli attacchi di panico, e non ha timore di rivelarlo, dai diciassette ai trent’anni, ribadisce che il suo problema non è la depressione, ma l’angoscia della paura di avere paura.
La prima volta accadde una sera, quando stava guardando senza troppo interesse la televisione e all’improvviso le sembrò che la stanza iniziasse a rimpicciolirsi, non sapeva neppure lei di che cosa si trattasse esattamente, ma tremava e le battevano i denti, capiva che cosa le stava accadendo, iniziò a chiedersi se non stesse diventando pazza. Impossibile non fare riferimento a Virginia Woolf, che aveva iniziato ad avere paura di se stessa, tredicenne, quando si era trovata di fronte ad una pozzanghera e non aveva trovato il coraggio di saltarla. «Virginia», scrive Montero, «abitava nel penoso territorio della psicosi; nelle sue crisi, sentiva gli uccelli cantare in greco classico … Cercò di suicidarsi in varie occasioni, finché ci riuscì, a cinquantanove anni, riempendosi le tasche di pietre e inabissandosi nel fiume Ouse...Per fortuna, i miei disturbi sono stati molto più leggeri dei suoi, ma anche molto difficile attraversarli». Prosegue il suo cammino, Rosa, si dichiara felice di aver letto un libro molto interessante, della neurobiologa spagnola Mara Dierssen, «Il cervello artistico» dove ha scoperto che abbiamo ottantasei miliardi di neuroni nel cervello, e che ognuno di loro è una cellula specializzata nella comunicazione.
Riflettendo su questo concetto, non è difficile immaginare tutto quello che i creativi riescono a realizzare.
E nella testa di Rosa le idee premono, la assediano di continuo, riscoprono i personaggi delle fiabe, seguendo la sua pazza idea, come direbbe Patty Pravo, viene inseguita ciò che accade. Lo sostiene anche Patricia Highsmith, che gli avvenimenti entrano di noi, e si fondono con le nostre idee, prendono corpo letterario. Magari soffri, specie nel tradurre il tuo racconto in nuove pagine, ma se stai inseguendo il tuo appagamento, la soddisfazione è meno pericolosa che essere sana di mente.