la Repubblica, 13 settembre 2024
Il limite del doppio mandato piace più ai dem che ai grillini
È in corso un percorso di cambiamento istituzionale, che coinvolge le regole e i modelli della nostra democrazia. In questa fase, segnato dall’ipotesi di accentuare i vincoli alla rappresentanza attraverso la proposta di fissare un limite di due mandati ai rappresentanti delle istituzioni. Il progetto rivela una domanda di trasformazione, alimentata da un’insoddisfazione politica profonda e diffusa, che accompagna i principali attori del sistema politico italiano, dopo la fine della Prima Repubblica. Fin dagli anni Novanta, quando Silvio Berlusconi fonda Forza Italia. Il suo “partito personale”, artefice della “personalizzazione” della politica – e dei partiti – in Italia. L’affermazione di Berlusconi è favorita dall’immagine di leader (di partito) “anti sistema”. Un’immagine quantomeno in-credibile, oggi. Ma, in origine, credibile, perché il Cavaliere appare una figura esterna al mondo politico tradizionale. Un imprenditore che impone il suo “partito-impresa”. Attraverso canali del tutto diversi dai soggetti politici tradizionali. I “partiti di massa”, infatti, avevano una storia, un’ideologia, una classe politica formata nel tempo. Silvio Berlusconi, invece, costruisce il consenso utilizzando i media. Soprattutto la televisione. Attraverso la quale comunica con gli elettori. Che divengono “spettatori”. Il sociologo francese Bernard Manin ha coniato, al proposito, la definizione di “democrazia del pubblico”. Che va oltre la “democrazia dei partiti”. Perché attraverso i media, in particolare la televisione, sostituisce l’organizzazione. Mentre i cittadini sono il “pubblico”. Spettatori. E i leader politici si trasformano in “attori” di una scena politica che diventa “spettacolo”.
È lo “spettacolo della politica” si impone per decenni. Fino ad oggi. Anche se, nel tempo, è cambiato profondamente. Insieme ai “media che mediano fra società e politica”. Così si afferma una“Terza Repubblica”, che fa dell’anti- politica il principale messaggio della politica. Un’anti-politica fondata sugli Anti-partiti. Che sfidano i partiti tradizionali e i loro stessi successori. Come Forza Italia. E si servono di “altri media”. Per primo, il M5s, di Beppe Grillo. Che professa l’ideologia della “democrazia diretta”. Un “non partito”, in opposizione agli altri partiti. Un modello di successo, inseguito dai partiti tradizionali. Come il Pd di Matteo Renzi. Che diviene un partito “personalizzato”. A suo tempo l’ho definito PdR. Partito di Renzi. Mentre la Lega, a sua volta, diviene LdS. La Lega di Salvini. D’altronde, anche la comunicazione è cambiata. Attraverso il digitale, che favorisce l’avvento di una “democrazia immediata”. “Senza mediatori e senza mediazioni”. La politica subisce, così, cambiamenti evidenti, negli ultimi anni. Nel 2018 il primo partito era il M5S, con il 33%. Nel 2019 la Lega di Salvini (ri)sale al 34%. L’unica forza politica che non subisce scostamenti è il Pd. Il più legato alla tradizione. Mentre negli ultimi anni, che potremmo definire la “quarta Repubblica”, si afferma il partito che non aveva mai governato. Anche per la sua storia post-fascista. I Fratelli d’Italia (Fd’I) di Giorgia Meloni, infatti, si affermano alle elezioni politiche del 2022. E divengono il riferimento della maggioranza di governo. Mentre all’opposizione resiste il Pd. Unico partito che ha radici tradizionali. E forse proprio per questo...
È evidente che un sistema politico personalizzato, nel quale contano sempre più i leader, può sopportare a fatica limiti ai mandati, imposti alle autorità istituzionali. Questo orientamento, però, riguarda soprattutto i “rappresentanti”. Molto meno i “rappresentati”. Gli elettori. Come emerge dal sondaggio di Demos, nel quale il limite dei due mandati appare condiviso da una componente ampia, ma comunque, minoritaria. Il 42% dei cittadini intervistati. La maggioranza dei quali (28%) estende il criterio a tutti i livelli e ambiti istituzionali: Comuni, Regioni, Parlamento...
Le differenze fra gli elettori, in base alle preferenze di partito, non appaiono ampie. Ma sono comunque chiare. Il progetto, infatti, ottiene consensi maggiori soprattutto fra gli elettori del Pd (50%) e, in generale, di Centro-Sinistra. Mentre scendono nella base del Centro-Destra. E, ancor più, nella base del M5s. E ciò appare piuttosto sorprendente. In quanto si tratta del soggetto politico “promotore”, ma non più “sostenitore”. Per diverse ragioni. Una, in particolare. La “normalizzazione” del progetto. In quanto il M5s è divenuto, ormai da tempo, un partito “normale”. Come gli altri. E non ha più interesse a cambiare. La politica. E se stesso.