Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  settembre 12 Giovedì calendario

Intervista a Marco Bucci

Come sta, sindaco? «Passiamo alla prossima domanda… Comunque, direi fisicamente bene, per quanto possibile, grazie. Ho appena finito le mie trenta sedute di radioterapia. Ho appena cominciato con l’immunoterapia. Iniezioni di anticorpi monoclonali per i cosiddetti tumori sensibili, una ogni ventuno giorni. Ho mandato alcune mie cellule a un laboratorio in Germania per vedere come reagiscono al farmaco: pare che siano recettive. Insomma, funziona».
Alla fine dello scorso maggio, durante una chiacchierata, Marco Bucci aveva detto di essere contento, nonostante tutto. I medici gli avevano concesso di fare «una ultima vacanza» in barca a vela, la sua grande passione. Quell’aggettivo, così definitivo, aveva chiuso una telefonata piena di cose non dette, come spesso succede quando si parla con le persone gravemente malate. «Non buttiamola sul patetico, per favore. Io mi riferivo a ultima prima delle terapie. Certo, non ero un fiore. E la diagnosi che mi era stata fatta non autorizzava all’ottimismo».
La malattia del sindaco di Genova è stata finora il convitato di pietra di una campagna elettorale che in fondo era cominciata il giorno dell’arresto di Giovanni Toti, presidente della Liguria. «Sarebbe la persona ideale, ma sta molto male…». Per non citare di peggio. Era ciò che si sentiva in giro, era quello che pensavano tutti, nel centrodestra e anche dall’altra parte. Anche per questo, la sua candidatura alle prossime Regionali è una grossa sorpresa. Per quanto cinica, è una mossa intelligente che dati i nomi in campo e la posta in gioco trasforma per altro una elezione locale in una resa dei conti nazionale. Segue intervista, in bilico tra privato e pubblico, che data la situazione ormai sono una cosa sola.
Qual è la diagnosi?
«Cancro metastatico alle ghiandole linfatiche nel collo. Me l’hanno diagnosticato il 30 maggio. Operato il 3 giugno. Mi hanno levato una trentina di linfonodi. Così per cominciare. Come le ho detto, le cure continuano».
Pensa di essere in grado di reggere quel che la aspetta?
«Se mi conoscono tutti come u sindacu che cria, il sindaco che grida, garantisco che i linfonodi non sono riusciti ad annullare la mia capacità di urlo. Ci riesco ancora, anche piuttosto bene».
Battute a parte, cosa dobbiamo pensare di questa sua scelta?
«Secondo me, deve colpire in maniera positiva. Un segno di speranza, comunque la si guardi. Quando è iniziata questa storia, ho detto che non mi sarei candidato per due motivi. Il primo era che volevo arrivare fino al termine del mio mandato di sindaco della mia città. Il secondo era la mia salute».
Cosa l’ha convinta?
«Quaranta minuti di conversazione con Giorgia Meloni. Oltre a quelle fatte con gli altri leader del centrodestra, che ringrazio per la fiducia».
Cosa le ha detto la presidente del Consiglio?
«Mi ha veramente impressionato per come ha descritto la situazione. E per le motivazioni che la portano a pensare che io sia la persona giusta per questo lavoro. “Io ti dico qual è la scelta politica e professionale” mi ha detto. “Ma su quella personale devi decidere solo tu”. Ci ho pensato sopra una notte, e poi ho sciolto la riserva».
Per quali ragioni?
«Diventa ogni giorno più evidente che qui in Liguria c’è problema grosso. Non voglio lasciare la mia regione ai signori del No. Magari sanno finanziare le opere con un decreto, ma poi le rallentano con le loro contraddizioni interne».
Sindaco, questa è propaganda…
«Nelle ultime settimane, mi hanno molto infastidito le notizie false e disfattiste messe in giro dal centrosinistra. Trovo che sia un insulto verso gli elettori. Allora, ripeto quel che dissi dopo la tragedia del ponte Morandi: Genova e la Liguria non sono in ginocchio, questa è una descrizione falsa della realtà. Dobbiamo guardare al futuro».
E il suo futuro?
Voglio garantire una continuità La disperazione? Talvolta
fa vincere battaglie
politiche date per perse
«Non esiste. Nel senso che non ho ambizioni di altro tipo. Tra un mese e mezzo faccio 65 anni. Sono un civil servant, almeno mi ritengo tale. Ora, senza esagerare, c’è una emergenza politica. Non voglio che la Liguria torni indietro, che si butti via il lavoro di questi ultimi anni».
Non mi riferivo alla politica.
«Quando uno è malato, essere impegnato tutti i giorni aumenta l’adrenalina, che poi aiuta il sistema immunitario. Se invece ci si abbatte e ci si lascia andare, va ancora peggio. Diciamo che fare la campagna elettorale sarà una buona terapia».
Ne ha parlato in famiglia?
«I miei figli mi hanno detto di fare attenzione. Mi hanno detto: “Vero che non hai tanti soldi, ma vogliamo aspettare ancora un po’, così ne prendiamo ancora di più...”. Sono dei veri genovesi. Mia moglie invece non è contenta. Secondo lei mi sacrifico troppo. Ma ci siamo messi d’accordo, come sempre in una vita trascorsa insieme».
Ne ha parlato anche in Procura?
«Bella battuta. Ma io non ho mai commentato l’attività dei magistrati, dei quali ho piena fiducia. Se non mi hanno chiamato finora, consentendomi di andare avanti con il mio lavoro, una ragione ci sarà».
Mai avuto un momento di sconforto?
«All’inizio sì. La parola tumore metastatico non fa piacere a nessuno. Avevo sentito una pallina sotto la mandibola, pensavo fosse una stupidata invece era un linfonodo ingrossato e malato. Mi sono sentito debole. È diventato inevitabile pensare a quanto tempo mi rimane. Poi ho capito che anche qui bisogna reagire, in qualche modo. È uno status mentale, devi capire che la tua vita è cambiata ma non è ancora finita».
Cosa le sta insegnando la malattia?
«Senta, io non voglio fare retorica. Ho troppo rispetto per chi sta male. Mi sento di dire solo una cosa: quando pensate di avere un problema, correte subito dal medico. La diagnostica salva la vita, o almeno contribuisce ad allungarla. Quanto alla mia esperienza, ho capito quanto siano importanti gli infermieri, oltre che i medici. La loro grande capacità di essere vicino al paziente è un aiuto fondamentale. Se sarò chiamato a occuparmi di sanità regionale, terrò bene a mente quel che sto vivendo».
Non teme di essere il soggetto di una mossa politica e umana della disperazione?
«Direi di no. Anche se la disperazione talvolta fa vincere battaglie politiche che venivano date per perse. Pensavo che per me fosse possibile rimanere a fare il sindaco, un mestiere che amo. Ma voglio garantire una continuità sulla visione della città e della regione».
Bucci liquidatore del totismo?
«Rispetto a Giovanni sono più sobrio come carattere. Ma non so cosa sia il totismo, non amo queste definizioni. Se qualcuno mi dice che in questi anni la Regione ha fallito, ribatto che tutti i parametri importanti sono migliorati. Anche la gente lo sa. Alla gente interessano i fatti: abbiamo costruito in fretta e bene il Ponte San Giorgio, abbiamo ingrandito il porto. Io resto molto concentrato sui fatti. E per favore, che nessuno parli di buccismo».
Anche all’interno della sua coalizione, qualcuno sostiene che in caso di sua vittoria tra un anno si rivota. Ha paura di non farcela?
«No. Capisco i dubbi sulle mie condizioni di salute, sono legittimi. Ma ho detto che me la sento. Se mi rimangono tre anni di vita, li spenderò così. Se ne ho cinque, riesco a fare il presidente fino al termine del mandato. Se poi me ne restano altri dieci, me li faccio tutti in barca a vela».