il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2024
Niente abbagli, Schlein con Renzi aiuta Meloni
Non so se fra due anni e mezzo, tanti ne mancano alla fine della legislatura, Matteo Renzi troverà ancora un/una leader gonzo/a abbastanza da ricandidarlo in Parlamento. Dopo aver semidistrutto il Pd e lasciato successivamente in mutande i partner a cui si associava alle Politiche del 2022 e alle Europee del 2024, perfino tra i suoi fedelissimi tira aria di smantellamento. Fare a meno di Renzi dispiacerà più ai giornalisti che agli elettori. Quanto a Elly Schlein e Giuseppe Conte, entrambi sanno che la priorità, per sconfiggere la destra, è riportare alle urne i delusi; e che gli stessi elettori moderati provano fastidio per la spregiudicatezza di Renzi.
I giornali, compreso il nostro, scrivono che vi sarebbe un’apertura di credito da parte di Elly Schlein in favore di Renzi. Trasecolo, ma diffido poiché tali supposizioni trovano appiglio solo nelle fluviali dichiarazioni del diretto interessato. Sarebbe dunque lei, Elly, la prossima gonza? Scorro le firme di chi adombra tale ipotesi. Guarda caso sono gli stessi che la indicavano dilettante allo sbaraglio quando si candidò, pur neanche iscritta, alla segreteria del Pd contro Bonaccini, l’uomo dell’apparato. Vinse l’imprevista, e allora profetizzarono si trattasse di una meteora, un incidente di percorso. La descrivevano snob, noiosa, indecisa a tutto, destinata a essere fatta fuori da cacicchi e capicorrente. Salvo poi scoprire che il Pd alle Europee del 2024 prendeva più voti che alle precedenti del 2019, quando aveva ancora in casa Renzi e Calenda; mentre solo un anno fa i sondaggi lo davano sotto il M5S di Conte. Ripeto: sarebbe dunque lei, Elly Schlein, la gonza che resusciterà Matteo Renzi? Mi faccio da solo l’obiezione: be’, se anche fosse, non si tratterebbe certo del primo caso di trasformismo nella politica italiana. Pur di andare al governo si accettano compromessi d’ogni genere; e il plauso dei nuovi cortigiani quasi sempre copre il mugugno di chi segnala l’incoerenza.
A proposito di coerenza, nel libro appena pubblicato, Elly Schlein rivendica nell’ordine: di avere occupato le sedi del Pd quando i 101 franchi tiratori silurarono Prodi; di essere stata fra i pochissimi in direzione a votare contro la defenestrazione di Letta da Palazzo Chigi per mandarvi Renzi; di avere lasciato il Pd perché contraria al Jobs act; di essersi battuta contro le politiche securitarie alla Minniti sui migranti; di escludere governi di larghe intese come quello di Draghi; di assumersi come missione il riavvicinamento del Pd alle classi subalterne che ne hanno sofferto l’abbandono.
Chi voglia prendersi la briga di leggere la prima metà del libro di Elly Schlein (la seconda ha più a che fare con la propaganda politica) resterà colpito dalla formazione culturale e dalle modalità ribelli che l’hanno spinta alla militanza. Secchiona e tignosa, molto indipendente – femminista e trasgressiva nel privato, almeno quanto risulta formale e imperturbabile davanti agli scettici – Elly non sarà piaciona come Giorgia Meloni, ma ormai è altamente probabile che rimarrà segretaria del Pd più a lungo dei suoi predecessori. In più adesso ha il coltello dalla parte del manico perché l’odiosa legge elettorale vigente assegna ai capipartito un potere di nomina de facto dei futuri candidati al Parlamento tale che i suoi detrattori interni hanno smesso di sfotterla.
Le vie del trasformismo italiano sono infinite? Il Pd è un contenitore grosso quanto disomogeneo, nel quale trovano posto numerosi potentati locali poco addomesticabili? Vero, non mancano i motivi per cui diffidare. Basta leggere la rubrica delle lettere del nostro giornale per avvertire lo scetticismo che incombe; ma che riguarda ugualmente, se non di più, anche la base del M5S. Gli iscritti che si preparano alla sua Assemblea costituente, dividendosi sui rapporti (inevitabili) da stringere in futuro col Pd, non possono certo rivendicare verginità politica, purezza, coerenza a cui restare fedeli e da contrapporre alla biografia della Schlein. Il tempo lungo della politica è implacabile con tutti. Conte ha governato con Salvini e poi, di seguito, in un esecutivo voluto da Renzi. Successivamente, dopo apposita consultazione, il M5S ha inserito suoi ministri nel governo Draghi al fianco di quelli berlusconiani e renziani. Il tutto, ripeto, con l’approvazione degli iscritti.
Tornando all’oggi, eviterei di lasciarci suggestionare dalla fotografia dell’abbraccio calcistico fra Renzi e Schlein. In squadra con loro, a sfidare il ridicolo per ragioni di beneficenza, quella sera c’era pure Conte. La Russa sghignazzava in panchina. Renzi ci ha marciato un’estate. Se l’esito fosse di scatenare una rissa senza fine fra Pd e M5S ad avvantaggiarsene sarebbe solo l’inquilina di Palazzo Chigi. E noi involontari sobillatori meriteremmo ben altre pedate dal popolo di sinistra.