la Repubblica, 12 settembre 2024
Intervista a Elisabetta Canalis
La voce di Elisabetta Canalis è nasale, «mi sono presa un raffreddore tremendo». La showgirl risponde al telefono da Los Angeles, dove si è trasferita da anni: «Mi trovo bene. Da sempre avrei voluto viverci poi ci sono riuscita, addirittura mi sono sposata, ho avuto una bambina, ho divorziato e continuo a vivere qui». In Italia lavora ancora: inCome far litigare mamma e papà , in sala oggi, (i genitori idilliaci Giampaolo Morelli e Carolina Crescentini sabotati dal figlioletto) è la mamma appariscente a cui mirano i padri dei compagni di classe.
Le è capitato di avere quest’etichetta a scuola?
«No. L’immagine è lavoro, uniforme. Nella vita privata sono normalissima. Gli americani hanno sdoganato l’uscire in pigiama, una tazza di caffè e il cane al guinzaglio.
Quando torno a Milano sono attenta pure al bar, qui la mattina esco con mia figlia che sembriamo due pazze. La mia scuola è piena di mamme belle e io tutto sono fuorché appariscente. Ho comprato un pickup tipo furgoncino, accolta tra risate e meraviglia: altro che le mercedes rosa di altre mamme».
La socialità genitoriale?
«Perdo le malefiche comunicazionidella scuola ma in classe c’è una mamma italiana con tre figli, mi affido a lei. Ho un bel gruppetto, con lei e una mamma iraniana».
Nel film quasi tutte le coppie sono divorziate.
«Non esistono famiglie perfette, solo quelle che hanno trovato un equilibrio. Fortunato chi ci riesce».
Lei l’ha trovato?
«Noi abbiamo spostato il centro dell’interesse dalla coppia a nostra figlia. C’è armonia, ma è un work in progress, il lavoro di ogni giorno».
Il futuro di sua figlia?
«Le ho fatto vivere l’Italia come casa sua, sa che quelli sono i posti in cui mamma è cresciuta. Non è un luogo di vacanza ma un luogo che l’aspetta».
La differenza tra voi due?
«Lei è più fortunata, ha un padre presente e attento. Il mio lavorava fino a tarda sera, l’ho vissuto come una figura autoritaria. Il lavoro di genitore arriva senza istruzioni».
Da bambina voleva diventare...?
«Veterinaria. Ho sempre comunicato più con il mondo animale che con quello umano.
Lavoro ancora con i canili. Poi l’interprete, la giornalista. Ma la tv mi ha portato altrove».
Il cinema. Fece il casting di “Il pesce innamorato”.
«I provini mi stressavano, ero timida e imbarazzata, non avevo il talento della sfacciataggine. Qualcuno ha visto cose in me, mi hanno dato le basi, consigli, insegnato a fare la tv».
Il set più divertente?
«Con Alessandro Siani a Napoli, meravigliose pause pranzo, ogni giorno un ristorante diverso. Ma prima la ricognizione per capire se ci fossero nozze o battesimi “sennò sono fregato” diceva, partono le foto e i saluti e non si mangia più».
Lo show di cui è più orgogliosa?
«Sanremo. Mio nonno era un fan di Celentano, sono crescita con le sue canzoni e mi sono ritrovata con lui che mi guardava fare uno sketch. Ho fatto tutti i programmi che guardavo con i miei genitori».
Pentimenti e rimpianti?
«Ho avuto successo a vent’anni, ci sono cose che avrei dovuto fare con un’altra testa».
A chi è più affezionata?
«Gianni Morandi, straordinario. Mia nonna è morta il giorno prima del mio primo Sanremo, per lei Morandi era quel che Celentano era per mio nonno. La sentivo dall’ospedale. Con Gianni facevamo le prove, a un tratto sparisce, fa una lunga chiacchierata con nonna, che poi mi dice “Gianni è un incanto”. Al suo concerto ad Alghero sono andata con mia figlia nel backstage, è impazzita. Tre generazioni di fan tutte per lui».
Per Antonio Ricci le veline non erano solo ragazze immagine.
«Eravamo figlie diStriscia la notizia ,con quel carico di ironia e notizie. Da lui ho imparato a verificare, dubitare, ridimensionare».
La cosa più difficile?
«Ballare sul bancone fu un trauma. Ho sconfitto l’incubo con la pignoleria. Non sono da ballo ma da kickboxing, sport dove scompaiono i limiti di genere: difendi e attacchi».