Avvenire, 11 settembre 2024
Il destino dei despoti dell’Iran
Ho conosciuto nell’altro secolo una gioventù che si è fatta ammazzare dalle dittature. In Argentina si usa per quei giovani la parola desaparecidos, scomparsi.Buttati da elicotteri, aerei, nell’Atlantico, legati due a due, della gran parte di loro non si sono trovati neanche i resti. Fu gioventù martire, alla lettera vuol dire testimone. Sono stati testimoni di accusa anche da cancellati. La giunta militare che li uccise fu rovesciata e lentamente gli assassini in divisa sono stati chiamati a rispondere dei crimini commessi. Lo stesso accadde per i militari cileni della dittatura. Questo paio di esempi prevedono che anche i despoti dell’Iran, assassini della loro gioventù, saranno chiamati a processo. Le tirannie hanno un termine stabilito inesorabilmente. Le truppe mandate a sparare sugli inermi in piazza si illudono di essere coperti da immunità di servizio. Non servirà dire che hanno obbedito agli ordini: la miserabile ricerca di attenuanti non li scagionerà. La gioventù iraniana si è sottratta alla patria potestà dei funzionari religiosi.Sta conoscendo se stessa, la sua forza di coinvolgimento in ogni luogo del loro vasto paese. Non chiede riforme, esige libertà, la più intrattabile delle rivendicazioni.