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 2024  settembre 11 Mercoledì calendario

Le ultime carte segrete sulla strage di Bologna

Ecco le informative che non si trovavano. Quelle che per molti studiosi non esistevano neppure. Invece ci sono e il Giornale ne è venuto in possesso. Quattro in particolare, con date incandescenti: 9 agosto e 21 agosto 1980. Pochi giorni dopo la terribile strage della Stazione di Bologna. Roma-Beirut e Beirut-Roma: i Servizi segreti di allora scrutano la pista Mediorientale. Ma non puntano sui palestinesi, sempre schermati dietro lo scudo misterioso del lodo Moro, ma sull’accoppiata fra fascisti italiani e falangisti libanesi. Un mix inedito su cui le autorità italiane sembrano saper e voler sapere tanto, pure troppo, a pochissime ore dallo spaventoso massacro di 85 innocenti.
«Necessita suo urgente contatto con (omissis) cui dovrebbe chiedere qualsiasi elemento ottenibile sui Kataeb, circa presenza anni 1977-80 di elementi italiani in campi addestramento destra cristiana libanese – scrive un alto dirigente del Servizi di cui non conosciamo il nome al capo centro di Beirut, Stefano Giovannone, figura leggendaria di quel periodo – non escludesi possibilità che abbiano trovato rifugio in tempi diversi presso amici aut organizzazioni del Libano cristiano elementi della destra italiana ricercati per reati vari».
Lettere e dispacci vanno e vengono fra Roma e il Medio Oriente con ritmi frenetici. Altro che buco. Il misterioso buco nel carteggio Sismi-Olp in realtà non c’è. C’era uno strano silenzio, o se si preferisce, vuoto dal 2 luglio al 23 settembre 1980, proprio nelle settimane drammatiche e cruciali di un’estate drammatica, segnata dalle tragedie di Ustica, il 27 giugno, e di Bologna, il 2 agosto. Ma il salto non c’è e queste carte, ora nella disponibilità del Giornale, lo confermano. C’è semmai da rivedere la strana storia del carteggio Sismi-Olp, un fascicolo formato ai tempi del governo Prodi, desecretato da Renzi nel 2014, ma diventato di pubblico dominio solo nel 2023. Centonovantacinque documenti, 163 riguardanti i rapporti Sismi+Olp e
32 Ustica. Rimaneva la lacuna nell’estate cruciale, fra luglio e settembre, ma ora affiorano anche quelle carte di cui non si era mai saputo nulla. Pubbliche ma missing, sparite, desaparecide: qualche manina dell’intelligence le aveva dislocate altrove. Per sbaglio o sciatteria? Per non farle recuperare? Per confondere le idee? Come in effetti è successo a ricercatori, storici, giornalisti, impigliati in una sorta di ruota del criceto per anni e anni.
In particolare, ecco le due informative del 9 agosto con le risposte arrivate da Beirut il 21 dello stesso mese. Alcuni omissis, come si è visto, rimangono e rendono problematica la comprensione di alcuni elementi e personaggi, ma i messaggi sono chiari e netti: nei campi kataeb si sarebbero addestrati militanti di formazioni dell’estrema destra. «Detta presenza – prosegue l’informativa del 9 agosto – può anche riferirsi ad incontri e riunioni esponenti gruppi varie nazionalità facenti parte cosiddetta Eurodestra». Non solo: «Secondo stampa italiana elementi destra avrebbero seguito corsi addestrativi nel campo Kataeb di Maifuq fra Beirut e Becharre nonché nel campo comunista di Dbaye».
Boatos, voci, retroscena veri o presunti. L’intelligence italiana, allora ancora infiltrata dalla P2, sembra prediligere una traccia investigativa precisa e segue un percorso ben delineato: punta sui fascisti, che poi in effetti saranno condannati a vari livelli in diversi processi alcuni dei quali ancora in corso, e contemporaneamente esplora uno scenario libanese. Libanese, attenzione, e non palestinese.
Le vicende del cosiddetto lodo Moro portano a ritenere quantomeno possibile la matrice palestinese dell’attentato: il supposto lodo Moro prevedeva una sorta di immunità dei guerriglieri palestinesi, in particolare quelli del Fronte Popolare di Liberazione Palestinese, autorizzati a muoversi nel nostro Paese a patto di non compiere imprese di sangue in Italia. Questa pace sarebbe stata violata dalle autorità italiane con i fatti di Ortona, il sequestro di due lanciamissili, la cattura di un esponente di spicco del Fplp, Abu Saleh. I palestinesi a questo punto avrebbero reagito provocando, in un modo o nell’altro, il massacro. La magistratura ha però sempre sconfessato questa pista, ritenendola
una pura suggestione senza alcuna prova.
E però l’intelligence italiana corre in Medio Oriente, ma si tiene alla larga dai palestinesi accreditando la improbabile liason fra neri e falangisti. Perché questo? Per proteggere i palestinesi e sviare altrove i sospetti? Strano depistaggio, se di questo si tratta, più sul lato internazionale che su quello interno che, come si sa, porterà alle condanne di Mambro, Fioravanti e altri esponenti dell’eversione nera.
I palestinesi, invece, non vengono toccati. Anzi, sono le fonti palestinesi, imbeccate dalla nostra intelligence, a fornire elementi che portano in Libano: qui si sarebbero formati alcuni terroristi italiani, compresi alcuni elementi che avrebbero avuto un ruolo nella strage di Bologna. È la clamorosa rivelazione, in seguito smentita, fatta da Abu Ayad, esponente di spicco della galassia palestinese, numero due di al-Fatah e già membro di Settembre nero, in un’intervista concessa a Rita Porena per il Corriere del Ticino il 19 settembre 1990. Per Abu Sayad la resistenza palestinese avrebbe le prove del coinvolgimento dei falangisti nella strage di Bologna.
Insomma, palestinesi e Servizi italiani sembrano procedere a braccetto, in un crescendo di rivelazioni che inguaiano la destra eversiva italiana e Rita Porena, peraltro vicinissima alla Resistenza del Fplp, dà voce a questa versione. Il 2 settembre 1980 il procuratore di Bologna Ugo Sisti scrive ai vertici di Sismi e Sisde chiedendo lumi su «progetti criminosi di cittadini italiani all’estero (Libano in particolare) contro obiettivi italiani in genere e contro obiettivi siti in Bologna».
La strage di Bologna sarebbe stata battezzata nei campi falangisti. Una notizia campata in aria che non porterà a nulla ma allontanerà i sospetti da Palestinesi.