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 2024  settembre 11 Mercoledì calendario

Elisabetta Franchi, la stilista bolognese si confessa


Elisabetta Franchi, bolognese, classe 1968, fondatrice del marchio omonimo, animalista, Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana. Ama ripetere: ho fatto tutto da sola. «Sono nata in una famiglia di umilissime origini. Non avevamo la luce e il riscaldamento, con l’ufficiale giudiziario sempre alla porta: mia madre aveva costruito una stanza murata, nascondeva lì le nostre poche cose».
La sua famiglia. «Non ho mai capito che lavoro facesse mia mamma, mio padre naturale si chiama Pasquali, io ho il cognome del primo marito di mia madre. Mi è andata di fortuna, Elisabetta Pasquali non suonava bene. Per il resto un disastro: era un contrabbandiere di sigarette. Ho imparato presto ad arrangiarmi, a 5 anni già cucinavo per tutti».Un ricordo di quell’epoca. «Vestivo i bastoni con le foglie o uno strofinaccio, sognando la bellezza. In casa entravano solo uomini sbagliati, l’ultimo era un alcolizzato. Durante le liti con nostra madre noi figli ci nascondevamo sotto il tavolo o scappavamo di notte nella campagna. Per questo lotto perché le donne si liberino dai rapporti tossici».
Come è uscita da questo inferno? «A 17 anni ho incontrato un ragazzo perbene e sono fuggita con lui. Mi sono trovata a vivere a casa sua, con la famiglia di lui, genitori e nonni, un sogno. Lavoravo al mercato La Piazzola di Bologna, in una bancarella di intimo, dove ho cominciato a studiare le donne. Mandavo i soldi a casa, ma nessuno di loro mi cercava».
L’incontro giusto. «Ho lavorato in un bar, poi in una azienda di fast fashion, la Imperial, dove all’inizio scaricavo camion di merce. Avevo davanti venti persone geniali nel business, ma gli mancava la “scintilla”. È andata avanti così 4 anni, prima che trovassi il coraggio di alzare la mano».
Come si è fatta largo? «Il giovedì arrivavano i fasonisti che chiedevano cosa voleva la gente. Un giorno mi sono alzata e ho detto: “Avrei qualcosa da suggerire”». C’è stato un momento di gelo: “Dobbiamo fare i leggings con la staffa e le canottiere in stile Madonna”. Mi hanno dato retta e da quel momento hanno cominciato ad assaltare i camion. Ho preso potere».
Cosa ha comperato con i primi guadagni? «All’epoca lavoravo tantissimo e grazie a quei sacrifici già guadagnavo 5 milioni di lire: mi sono regalata una Uno bianca e poi una Y10».
Come è arrivata a Elisabetta Franchi? «Volevo fare belle le donne. Mi sono innamorata dell’ad dell’azienda dove lavoravo, più grande di me di 20 anni: si chiamava Sabatino Cennamo, è diventato mio marito e abbiamo costruito la nostra società. Siamo stati insieme 17 anni, abbiamo avuto insieme Ginevra. Poi è morto in 4 mesi per un tumore al pancreas».
A quel punto? «Mio marito se ne è andato senza accorgersene, gli ho nascosto le carte: volevo che fosse sereno. Non ho potuto piangerlo: appena è morto ho aperto con il fabbro della Guardia di Finanza la cassaforte, non avevo le chiavi, gestiva tutto lui. Ho preso in mano l’azienda: è passata da 37 a 170 milioni di euro».
Un ostacolo incontrato. «I disturbatori, quelli che ti dicono che forse non stai facendo la cosa giusta. Se non hai le idee molto chiare non vai da nessuna parte, alla fine la decisione è di uno».
È stata attaccata per le sue frasi discriminatorie: «Assumo solo donne anta». «Uno dei più grossi fraintendimenti della mia storia. Amo le donne, la mia azienda è fatta all’80 per cento di donne e moltissime sono manager e madri».
Come è andata davvero? «Ho riferito il punto di vista di alcuni imprenditori, che precludono posizioni apicali alle donne perché è difficile sostituirle. Non puoi trovare un supplente di un cfo e ho spiegato che le donne sono svantaggiate perché hanno più rischi di assentarsi».
Contraccolpi? «È incredibile, ma ho venduto di più. Ho avuto un picco del 40 per cento e la solidarietà di molti. La gente mi fermava per strada: “Sto con lei, basta con le ipocrisie”. Alcuni imprenditori mi hanno scritto: “Se vuoi giocare in serie A devi cucirti la bocca...”. Non esiste più il pensiero libero».
Ha avuto contro anche la comunità Lgbt. «Mi sono permessa di dire che, da mamma emiliana, la domenica sento il dovere di sedere a tavola con i miei figli, accendere il falò del camino. E mi hanno linciata: il camino lo può accendere anche un uomo...».
Sta attraversando un momento familiare complicato. «Mi sono separata dal mio compagno Alan Scarpellini. Siamo stati insieme 16 anni, è il padre di mio figlio Leone. Poi ad un certo punto o sono cresciuta troppo io o è rimasto troppo indietro lui. Non avevamo più argomenti in comune, ho fatto il road show per quotarmi in Borsa e non riuscivo neppure a parlargli di ciò che stavo vivendo».
Competizione? «Anche, oltre che una questione di tradimenti. Lo vedevo strano, da ex bello non accettava il trascorrere del tempo e lo rincorreva concentrandosi sull’estetica. Le amiche mi hanno aperto gli occhi: gli ho messo dietro 7 investigatori, mi hanno portato indietro un dossier. Prima di aprirlo ho chiesto a lui di dirmi come stavano le cose, ma ha continuato a mentire. Abbiamo trascorso il Natale insieme per i figli. Poi il 4 gennaio gli ho chiesto di andarsene».
Cosa l’ha ferita di più? «Lo sfregio. Andava in giro a raccontare che mi tradiva. Gli ho sempre detto: “Un tuo sguardo di troppo è lo sguardo del marito di Elisabetta Franchi”».
Ma nella sua vita lavorativa è entrato Marco Bizzarri. «Marco è una cosa bella, me la meritavo. Sognavo di ricostruire un “noi” lavorativo, di ritrovare un alleato, e quando ho saputo che era uscito da Kering gli ho chiesto un incontro. Dopo mezz’ora sembrava che lo conoscessi da sempre. È un visionario, ha chiaro il percorso, ed è pure emiliano: vuole portare Elisabetta Franchi in America. Non è solo mio socio, ma anche presidente».
Gianluca Vacchi. «Siamo amici da 10 anni ed è anche un mio vicino di casa. È sensibile, colto. Andavo a casa sua e fino alle 3 parlavamo di cose futili, poi quando tutti se ne andavano discuteva con me di bilanci dello Stato. Mi sono sempre chiesta come fa ad avere questo doppio volto, leggerissimo e impegnato».
Chi sono le sue amiche? «Donne come me, che coccolo. A volte le carico sull’aereo per una vacanza, senza svelare la meta. Dico solo valigia “calda” o “fredda”». Sono la mia protezione, insieme facciamo quadrato».
Una diva che ha vestito. «Angelina Jolie, che ammiro, perché vedo in lei la sofferenza privata. E sogno di vestire Madonna».
È un’animalista convinta. «In azienda ho aperto la dog hospitality dove i dipendenti possono lasciare gli animali mentre lavorano. Ho nove cani, l’ultima è una chihuahua portata via da un allevamento di Catania dove stava morendo. C’è Lalla da Roma, Betti da Palermo, tranciata da una macchina. Quando arrivano a casa mia sono impauriti, brutti, senza pelo. Dopo 6 mesi li vedo splendere e allora dico: “ce l’avete fatta, come me”».